23 luglio 2008 ore 19.51
ALLO SPECCHIO - Veglia di preghiera per il gruppo adulti di AC
23 luglio 2008
ore 19.51

ALLO SPECCHIO 
Veglia di preghiera -  Campo per ADULTI AC
Capradosso 18-20 luglio

a cura di Daniele De Angelis

Tutti noi che siamo qui sentiamo, urgente, un grande desiderio. Pur provenendo da interessi diversi, questo desiderio ci accomuna: siamo venuti qui per la stessa esigenza. Questa esigenza cosi potente dimostra che il cuore dell’uomo è uguale in tutti. Il desiderio di felicità, di verità, di amore è insito in ciascuno di noi. Tutti noi vogliamo capire il senso del tempo, delle sofferenze, del vivere. Il luogo di tutte le nostre domande è il cuore. Al cuore si riduce in fondo in fondo quella parola più breve, ma più importante che è la parola io. Più diventiamo consapevoli di questo cuore, di questo io, più viene in evidenza questa esigenza: attraverso la tristezza, l’insoddisfazione, lo smarrimento, l’inquietudine, oppure la pienezza di felicità che a volte sperimentiamo. Luca 9,25 “Che giova all’uomo guadagnare il mondo intero, se poi perde se stesso?” Ma allora che cosa basta. Che cosa può bastare al cuore dell’uomo? S. Francesco d’Assisi, l’uomo più evidente in sensibilità, di fronte al panorama più bello, si sentiva l’animo disteso, allargato e le braccia si allargavano per imitare il sentimento del cuore. Nulla in quell’istante, in quel momento in cui tutto era cosi bello, sembrava poter mancare, e invece mancava ancora tutto. “Che cosa può bastare all’anima dell’uomo?” Il cuore dell’uomo è il luogo in cui si capisce che noi siamo in rapporto con l’infinito. Tutto ciò che ci circonda rimanda a qualcos’altro, a ciò che tutto costituisce e regge. Questa natura diventa bisogno dell’infinito, questa esigenza che chiamiamo cuore è cosi radicata nella nostra umanità che non possiamo distruggerla, ma solo negarla. Noi siamo costitutivamente aperti all’infinito. Pasolini: “Io sono pieno di una domanda, a cui non so rispondere”. Niente può tacere questa domanda. Possiamo calpestarla, possiamo dimenticarla, possiamo come il figliol prodigo fuggire di casa, fare altro per non pensare, ma anche lì, una volta toccato il fondo, ce la ritroviamo addosso. Quel figlio desidera di trovarsi a casa propria, vicino agli affetti, vicino al padre. O diamo credito a questa esigenza che ci troviamo addosso oppure cerchiamo di cancellarla. Siccome non riusciamo a cancellarla, allora gli opponiamo continue menzogne, continue negazioni. Possiamo invece ripartire da questo cuore, qualsiasi sia la situazione in cui siamo, lo stato d’animo con cui siamo arrivati qui, possiamo incominciare questo nostro stare insieme con un gesto di apertura verso noi stessi e gli altri. Anche se durante il quotidiano ci siamo disinteressati di noi stessi, nessuno può impedire che adesso incominciamo a guardare con simpatia l’umanità che siamo, l’umano che c’è in noi. Occorre iniziare a considerare quello che siamo. Considerare vuol dire prendere sul serio quello che proviamo, cercare tutto il significato. Perché tutti noi siamo venuti qui? Più scopriamo le nostre esigenze, più ci accorgiamo che non possiamo risolverle da soli. Occorre una compagnia, più ancora occorre riconoscere ciò che ci costituisce. Perciò, questo nostro stare insieme nasce da una tensione della nostra vita, magari timida, ancora confusa, come necessità, esigenza. Questo nostro stare insieme è una apertura del nostro cuore a ciò per cui vale la pena vivere. Stiamoci come siamo, con la nostra umanità, senza cancellare niente, guardando con simpatia tutto quello che ribolle dentro di noi, spazzando via ogni ombra di formalità. Ma per poter guardare al nostro io, alla nostra umanità, senza spaventarci, abbiamo bisogno di una Presenza. Questa Presenza ci racconta la nostra dignità, il nostro valore, la passione che ha per noi. Abbiamo bisogno di qualcun Altro. Senza questa presenza il nostro desiderio si confonde, impazzisce. Gide: “Desiderio, ti ho trascinato per le strade, ti ho desolato nei campi, ti ho ubriacato senza dissetarti, ti ho portato in giro ovunque, ti ho cullato sulle onde, ho voluto addormentarti sui flutti. Desiderio, desiderio, che farti? Che vuoi dunque? Quando ti stancherai?” Qualcuno è venuto incontro a questa nostra esigenza che vuole continuamente soddisfazione. A tutti noi che siamo qui questo è successo: ci è venuto incontro Qualcuno e ci ha rivolto l’invito a cui abbiamo risposto. Nonostante la nostra vita sia piena di no a Lui, tutti siamo testimoni di come Lui apre sempre nuove vie per raggiungerci. Anche oggi, ha trovato, secondo la sua fantasia, la modalità per raggiungerci. In questi giorni, ha cercato e cercherà una strada per raggiungere il nostro cuore: chiediamo a questa Presenza di non sottrarci a questa iniziativa del Mistero che come un mendicante supplica il nostro cuore.

ASCOLTO DEL BRANO “LA GOCCIA” Guida all’ascolto
Questo brano, di una bellezza sconcertante, ci indica il cammino che cercheremo di sottolineare con questa riflessione sull’uomo. La musica segna le quattro stagioni della vita, l’adagio iniziale ci ricorda il mistero dell‘esistenza, l’ingenua dolcezza dell’infanzia. Le note si fanno poi più ardite, l’adolescenza e l’età giovanile sono colme di speranze, di delusioni, d‘istintività. L’età adulta richiama la coscienza acquisita con l’esperienza, l’uomo diviene riflessivo, razionale, è già proteso alle domande ultime che arrivano con l’avanzare delle età. L’ultima parte è segnata dalla serenità, dalla pace, che vorremmo ci accompagnasse per sempre. Quello che ci deve colpire è quella nota di fondo, persistente, continua, ostinata, tenace, interminabile. E’ questa nota in sottofondo che caratterizza tutta la vita, questa nota che da significato e spessore è una Presenza. Fare attenzione a quella nota significa vivere pienamente la melodia della vita. Questa nota rimane vera per tutti noi, perché tutti i nostri cuori sono uguali. L’uomo è desiderio di bellezza, di verità, di amore, d’infinito. La nota che da soddisfazione alle nostre esigenze è una presenza reale.

L’uomo ricerca il significato, il motivo, la causa, lo scopo della sua vita, vuole scoprire ciò per cui è fatto. C’è la necessità di capire chi è l’uomo, perché non trova in se stesso il motivo della felicità. Nel cuore dell’uomo c’è il desiderio di infinito.

Lettura della poesia di Giacomo Leopardi “Canto notturno di un pastore errante dell’Asia”

Che fai tu, luna, in ciel? dimmi, che fai,
silenziosa luna? ……
Somiglia alla tua vita
la vita del pastore.
Sorge in sul primo albore
move la greggia oltre pel campo, e vede
Poi stanco si riposa in su la sera:
Altro mai non ispera.
Dimmi, o luna: a che vale
Al pastor la sua vita, la vostra a voi? Dimmi: ove tende
Questo vagar mio breve, il tuo corso immortale?…..
Nasce l’uomo a fatica,
Prova pena e tormento…..
Perché reggere in vita?….
Intatta luna, tale
è lo stato mortale.
Ma tu mortal non sei,….
Questo viver terreno,
Il patir nostro, il sospirar, che sia;
Che sia questo morir, questo supremo
Scolorar del sembiante,
E perir dalla terra, e venir meno
Ad ogni usata, amante compagnia….
Che fa l’aria infinita, e quel profondo
Infinito seren? Che vuol dire questa
solitudine immensa? ed io chi sono?…
Perché giacendo
A bell’agio ozioso,
S’appaga ogni animale;
Ma, s’io giaccio in riposo, il tedio assale?
Forse s’avess’io l’ale
Da volar su le nubi,
E noverar le stelle ad una ad una,
O come il tuono errar di giogo in giogo,
Più felice sarei, candida luna.
O forse erra dal vero,
Mirando all’altrui sorte, il mio pensiero.

ASCOLTO BRANO “Cercate il suo volto” Salmo interpretato da Giovanni Paolo II.

Se io aspiro all’infinito, l’infinito c’è. Noi infatti non desideriamo qualcosa che non conosciamo. L’ansia di infinito tipica dell’uomo si manifesta continuamente. Questo perché il cuore dell’uomo desidera, ha sete del nuovo, del più grande. Il desiderio più profondo dell’uomo è quello per la vita, per la felicità totale e piena. L’uomo però è incapace di soddisfare da solo il desiderio di infinito che ha dentro. Deve cercarlo fuori di se. Tutti hanno proposto qualcosa per soddisfare questo desiderio, il cristianesimo ha sempre proposto una persona. L’uomo non è per se, ma per qualcuno. Io sto accadendo ora, sono amato ora, sto in relazione ora con chi mi fa vivere e apprezza la mia vita. Non sono totalmente padrone di me stesso, ciò che sono mi può essere tolto in qualsiasi momento. Non potrei esserci se qualcuno non mi sostenesse ad ogni istante. La realtà non tace, tutto grida un’Altra cosa, grida più in La. La creazione è una testimonianza permanente e costante di una bellezza superiore.

Tu sei buono, Signore, con l’anima che ti cerca.
Mirabile con l’anima che ti trova.
Che cosa strana!
Nessuno ti può cercare
Se non t’avesse già trovato.
Tu ti lasci trovare perché ti si possa cercare
E vuoi essere cercato per lasciarti trovare.
(Bernardo di Chiaravalle).

Chiesi a Dio di essere forte per eseguire progetti grandiosi:
egli mi rese debole per conservarmi nell’umiltà.
Domandai a Dio che mi desse la salute per realizzare grandi imprese:
egli mi ha dato il dolore per comprenderla meglio.
Gli domandai la ricchezza per possedere tutto:
mi ha fatto povero per non essere egoista.
Gli domandai il potere perché gli uomini avessero bisogno di me:
egli mi ha dato l’umiliazione perché io avessi bisogno di loro.
Domandai a Dio tutto per godere la vita:
mi ha lasciato la vita perché potessi apprezzare tutto.
Signore, non ho ricevuto niente di tutto quello che chiedevo,
ma mi hai dato tutto quello di cui avevo bisogno.
Le preghiere che non feci furono esaudite.
Sii lodato, o mio Signore, fra tutti gli uomini,
nessuno possiede quello che ho io.
(Kirk Kilgour)

Vieni, luce vera, mistero nascosto, tesoro senza nome.
Vieni, gioia eterna, infinita pienezza, bellezza senza fine.
Vieni, tu che desideri la mia vita miserabile.
Vieni, tu unica perfezione, mio respiro e consolazione.
Vieni, amore semplice, a liberarmi dalla pigrizia
Vieni, unica essenza a togliere la maschera del fare.
Vieni, presenza che io non riconosco,
a liberarmi dall’orgoglio e dall’egoismo.
Vieni, cuore mio a riempire questo corpo,
questa anima che ti cerca, che ti vuole.

Tu Santo, Signore, che operi cose meravigliose.
Tu forte e grande. Tu l’Onnipotente.
Tu Padre, re del cielo e della terra.
Tu il bene, ogni bene, il sommo bene.
Tu vivo e vero. Tu amore e carità.
Tu sapienza, umiltà e pazienza.
Tu bellezza, mansuetudine, sicurezza, quiete.
Tu gioia e letizia, nostra speranza.
Tu giustizia e temperanza.
Tu tutta la nostra ricchezza a sufficienza.
Tu protettore, custode, nostro difensore.
Tu fortezza, refrigerio, nostra fede.
Tu nostra dolcezza, nostra vita eterna.
Tu ammirabile, misericordioso, Salvatore.
Tu sei colui che il mio cuore cercava e cerca ancora
Nelle tante vicende di ogni giorno.
Tu che riconosco nel mio voler vivere, Tu mi sostieni.
Tu tutto ciò che amo.

Salmo 8
Quanto è grande il tuo nome su tutta la terra:
sopra i cieli si innalza la tua magnificenza.
Con la bocca dei bimbi e dei lattanti
affermi la tua potenza contro i tuoi avversari,
per ridurre al silenzio nemici e ribelli.
Se guardo il tuo cielo, opera delle tue dita,
la luna e le stelle che tu hai fissate,
che cosa è l’uomo perché te ne ricordi
e il figlio dell’uomo perché te ne curi?
Eppure l’hai fatto poco meno degli angeli,
di gloria e di onore lo hai coronato:
gli hai dato potere sulle opere delle tue mani,
tutto hai posto sotto i suoi piedi;
tutti i greggi e gli armenti,
tutte le bestie della campagna;
Gli uccelli del cielo e i pesci del mare,
che percorrono le vie del mare.

Salmo 34
Benedirò il Signore in ogni tempo,
sulla mia bocca sempre la sua lode.
Io mi glorio nel Signore,
ascoltino gli umili e si rallegrino.
Celebrate con me il Signore,
esaltiamo insieme il suo nome.
Ho cercato il Signore e mi ha risposto
e da ogni timore mi ha liberato.
Guardate a lui e sarete raggianti,
non saranno confusi i vostri volti.
Questo povero grida e il Signore lo ascolta,
lo libera da tutte le sue angosce.
L’angelo del Signore si accampa
attorno a quelli che lo temono e li salva.
Gustate e vedete quanto è buono il Signore;
beato l’uomo che in lui si rifugia.
Temete il Signore, suoi santi,
nulla manca a coloro che lo temono.
I ricchi impoveriscono e hanno fame,
ma chi cerca il Signore non manca di nulla.
Venite, figli, ascoltatemi;
v’insegnerò il timore del Signore.
C’è qualcuno che desidera la vita
e brama lunghi giorni per gustare il bene?
Preserva la lingua dal male,
le labbra da parole bugiarde.
Stá lontano dal male e fà il bene,
cerca la pace e perseguila.
Gli occhi del Signore sui giusti,
i suoi orecchi al loro grido di aiuto.
Il volto del Signore contro i malfattori,
per cancellarne dalla terra il ricordo.
Gridano e il Signore li ascolta,
li salva da tutte le loro angosce.
Il Signore è vicino a chi ha il cuore ferito,
egli salva gli spiriti affranti.
Molte sono le sventure del giusto,
ma lo libera da tutte il Signore.
Preserva tutte le sue ossa,
neppure uno sarà spezzato.

Salmo 39
Ho detto: “Veglierò sulla mia condotta
per non peccare con la mia lingua;
porrò un freno alla mia bocca
mentre l’empio mi sta dinanzi”.
Sono rimasto quieto in silenzio: tacevo privo di bene,
la sua fortuna ha esasperato il mio dolore.
Ardeva il cuore nel mio petto,
al ripensarci è divampato il fuoco;
allora ho parlato:
Rivelami, Signore, la mia fine;
quale sia la misura dei miei giorni
e saprò quanto è breve la mia vita”.
Vedi, in pochi palmi hai misurato i miei giorni
e la mia esistenza davanti a te è un nulla.
Solo un soffio è ogni uomo che vive,
come ombra è l’uomo che passa;
solo un soffio che si agita,
accumula ricchezze e non sa chi le raccolga.
Ora, che attendo, Signore?
In te la mia speranza.
Liberami da tutte le mie colpe,
non rendermi scherno dello stolto.
Sto in silenzio, non apro bocca,
perché sei tu che agisci.
Allontana da me i tuoi colpi:
sono distrutto sotto il peso della tua mano.
Castigando il suo peccato tu correggi l’uomo,
corrodi come tarlo i suoi tesori.
Ogni uomo non è che un soffio.
Ascolta la mia preghiera, Signore,
porgi l’orecchio al mio grido,
non essere sordo alle mie lacrime,
poiché io sono un forestiero,
uno straniero come tutti i miei padri.
Non distogliere il tuo sguardo, che io respiri,
prima che me ne vada e più non sia.

Salmo 139
Signore, tu mi scruti e mi conosci,
tu sai quando seggo e quando mi alzo.
Penetri da lontano i miei pensieri,
mi scruti quando cammino e quando riposo.
Ti sono note tutte le mie vie;
la mia parola non è ancora sulla lingua
e tu, Signore, già la conosci tutta.
Alle spalle e di fronte mi circondi
e poni su di me la tua mano.
Stupenda per me la tua saggezza,
troppo alta, e io non la comprendo.
Dove andare lontano dal tuo spirito,
dove fuggire dalla tua presenza?
Se salgo in cielo, là tu sei,
se scendo negli inferi, eccoti.
Se prendo le ali dell’aurora
per abitare all’estremità del mare,
anche là mi guida la tua mano
e mi afferra la tua destra.
Se dico: “Almeno l’oscurità mi copra
e intorno a me sia la notte”;
nemmeno le tenebre per te sono oscure,
e la notte è chiara come il giorno;
per te le tenebre sono come luce.
Sei tu che hai creato le mie viscere
e mi hai tessuto nel seno di mia madre.
Ti lodo, perché mi hai fatto come un prodigio;
sono stupende le tue opere,
tu mi conosci fino in fondo.
Non ti erano nascoste le mie ossa
quando venivo formato nel segreto,
intessuto nelle profondità della terra.
Ancora informe mi hanno visto i tuoi occhi
e tutto era scritto nel tuo libro;
i miei giorni erano fissati,
quando ancora non ne esisteva uno.
Quanto profondi per me i tuoi pensieri,
quanto grande il loro numero;
se li conto sono più della sabbia,
se li credo finiti, con te sono ancora.
Scrutami, e conosci il mio cuore,
provami e conosci i miei pensieri:
vedi se percorro una via di menzogna
e guidami sulla via della vita.

Luca 12,34: Perché dove è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore.

Luca 19,1-10
1 Entrato in Gerico, attraversava la città. 2 Ed ecco un uomo di nome Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco, 3 cercava di vedere quale fosse Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, poiché era piccolo di statura. 4 Allora corse avanti e, per poterlo vedere, salì su un sicomoro, poiché doveva passare di là. 5 Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: “Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua”. 6 In fretta scese e lo accolse pieno di gioia. 7 Vedendo ciò, tutti mormoravano: “È andato ad alloggiare da un peccatore! ”. 8 Ma Zaccheo, alzatosi, disse al Signore: “Ecco, Signore, io do la metà dei miei beni ai poveri; e se ho frodato qualcuno, restituisco quattro volte tanto”. 9 Gesù gli rispose: “Oggi la salvezza è entrata in questa casa, perché anch’egli è figlio di Abramo; 10 il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto”.

In questo brano, stupendo nella sua intensità, sono evidenti le caratteristiche umane manifestate in Zaccheo e allo stesso tempo le caratteristiche divine manifestate in Gesù. L’incontro tra Zaccheo e Gesù non è solo un incontro tra due persone, ma tra due desideri, tra due esigenze, tra due bisogni. Due sono i movimenti da sottolineare: quello di Zaccheo che corre innanzi e sale su un sicomoro per vedere e quello di Gesù che alza lo sguardo per chiamare e salvare Zaccheo. Gesù viene per un incontro personale, occorre riscoprire il fascino di quel volto, lo stupore verso le sue parole. Occorre fare l’esperienza di questo innamoramento. Un evento talmente straordinario che scandalizza la folla. Lo scandalo non è suscitato tanto dal fatto che Gesù ha scelto un pubblicano, un peccatore, ma quanto dal fatto che nessuno mai prima di Gesù aveva osato stravolgere le concezioni benpensanti del tempo. La folla è scandalizzata da quest’uomo che pretende di essere superiore alla legge. Questo atteggiamento di Gesù non è una novità, già nei capitoli precedenti Luca ci prepara a questo evento con le parabole sulla misericordia (pecora smarrita, dramma perduta, figliol prodigo). Un comportamento anomalo per gli uomini, ma perfettamente in sintonia con la volontà del Padre. Questo episodio è strettamente legato all’episodio precedente della guarigione di un cieco, non solo perché entrambi sono avvenuti a Gerico, ma anche perché il tema è comune: Gesù porta la salvezza. Importante è richiamare anche l’episodio del giovane ricco. Anche a lui come a Zaccheo Gesù offre la salvezza, ma il giovane ricco non corrisponde alla chiamata a differenza di Zaccheo che si apre al dono dell’incontro con il Signore. Si verifica così il miracolo della conversione. Chi era Zaccheo? Zaccheo era il capo dei pubblicani del posto, riscuoteva le tasse a Gerico che a quel tempo era un fiorente centro carovaniero, un passaggio obbligato tra Gerusalemme e l’Arabia. Il testo specifica che Zaccheo era ricco. Si era arricchito senza farsi troppi scrupoli. È facile immaginare come il popolo l’odiasse per la sua avidità e il suo benessere spesso frutto di estorsioni. Dunque Zaccheo era considerato un elemento da evitare, per questo veniva giudicato ed emarginato dagli altri che si ritenevano più giusti di lui. Il testo specifica anche che era basso di statura. Questa specificazione non è solo funzionale al racconto per cui Zaccheo deve salire sul sicomoro, ma indica anche la statura morale dell’uomo. Zaccheo era un uomo che spesso si abbandonava a bassezze morali. Proprio quest’uomo si è imbattuto in una presenza talmente straordinaria e inaspettata che tutta la sua vita è stata sconvolta. Gesù sta attraversando la città, la voce del miracolo con la guarigione del cieco avvenuta alle porte della città si era già diffusa per il paese, sicuramente anche Zaccheo avrà sentito parlare di questo personaggio strano, di questo Gesù di Nazareth. Forse proprio questa voce che gira, suscita la curiosità di Zaccheo. Si creano subito delle ali di folla attorno alla strada dove sta passando Gesù con i suoi discepoli. Quella folla siamo anche noi, quando spesso ostacoliamo gli altri e non permettiamo ad altri di vedere e incontrare Gesù. Anche la chiesa può ostacolare l’incontro. Zaccheo rimane indietro, non riesce a vederlo. Questo è il primo dato importante del racconto. Zaccheo ha il desiderio di vedere Gesù, in fondo aveva già sentito abbastanza sul suo conto, poteva benissimo fare altro, e invece si evidenzia l’identità dell’uomo, la voglia di conoscere, il desiderio di vedere, la sete di infinito. Luca vuole portarci a vedere il volto di Gesù. Zaccheo era ricco, aveva tutto quello che un uomo può possedere, ma sente ancora una mancanza che vuole colmare, per questo cerca, per questo da credito alle voci su Gesù, per questo segue quella curiosità confusa, per questo cerca un rimedio alla sua bassezza. Corre più avanti, sale su un albero, un sicomoro, in un certo senso si eleva, eleva il suo stato, la sua condizione. Luca dà il senso del movimento perché vuole i cristiani in perenne movimento. Luca aveva conosciuto Paolo e sapeva che tutta la sua vita era una corsa verso Gesù. Lo stesso Giovanni Battista correva innanzi a Gesù, significando l’urgenza della salvezza, il bisogno di qualcosa di nuovo. Zaccheo non si cura più del suo stato sociale, della sua dignità professionale, ma sale su un albero come fanno i bambini. Salire su quell’albero gli è costato un po’ di fatica, ma ora ha un punto di vista preferenziale, privilegiato, sugli altri. Zaccheo ci dice che la ricerca richiede fatica, richiede ingegno, richiede perseveranza, ma alla fine paga. La ricerca non è niente altro che un atteggiamento di vita, l’atteggiamento di chi si pone le domande, di chi non vuole camminare a rimorchio degli altri, l’atteggiamento di chi vive veramente. Accade poi l’evento più sensazionale e imprevisto del racconto. Gesù alza lo sguardo verso Zaccheo. Incredibile il fatto che Cristo guarda dal basso verso l’alto, non è uno sguardo di superiorità, ma di inferiorità, non giudica, ma chiede. Cristo pur essendo di natura divina non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio, ma spogliò se stesso divenendo simile all’uomo. L’amore può essere solo umile. L’amore fa considerare l’altro superiore a se stessi. Gesù corrisponde lo sforzo di Zaccheo e lo guarda. Tra tutti gli altri, guarda Zaccheo. C’è un incontro di due sguardi, un incontro di amore. Non solo, fa molto di più, lo chiama. La chiamata è il segno di una appartenenza, Gesù è lì per lui. Immaginiamo adesso Zaccheo ancora trafelato su quell’albero, vede passare quest’uomo, uno come tanti, e quest’uomo lo guarda e lo chiama. Conosce il suo nome. Chissà da quanto tempo Zaccheo non sentiva più il suo nome pronunciato con così tanto amore! Questo è l’altro dato importante del racconto. Gesù è il mendicante che chiede il cuore dell’uomo. Gesù vuole Zaccheo, vuole la sua conversione, ma non lo condanna come avevano fatto tutti prima di allora, lo ama cosi com’è. Zaccheo davanti a quell’uomo non si sente più giudicato, si sente capito, profondamente amato, amato da sempre perché da sempre Gesù conosce il suo nome. La miseria di Zaccheo diventa vita nuova. Forse Gesù era passato di lì proprio per lui, forse lo stava aspettando. Zaccheo non sfugge a Gesù, per questo Gesù lo invita a scendere in fretta perché vuole andare a casa sua. Gesù invita Zaccheo a scendere in fretta da quell’albero perché presto su quel legno ci salirà Gesù. L’albero che Zaccheo utilizza per vedere Gesù diventa il legno della croce, che serve a Gesù per vedere il Padre e salvare l’uomo. L’albero della vita di Zaccheo diventa l’albero della vita di Cristo, l’albero che accoglie tutti. Importante è evidenziare anche quell’oggi perché rappresenta il tempo della grazia. Gesù ci chiama oggi, ci chiama sempre, ci vuole in ogni momento. L’amore non può rimandare, non ha tempo da perdere. Oggi Gesù vuole restare con noi. Gesù vuole fermarsi a casa di Zaccheo, vuole fermarsi nel suo cuore, nella sua intimità. Il restare indica amicizia, desiderio di comunione. Con questa espressione Gesù ha esaudito, ha realizzato, ogni desiderio di Zaccheo, ha consolato ogni sua paura, ha corrisposto ogni sua domanda. Luca ce lo ricorda anche nell’episodio dei discepoli di Emmaus che impauriti dalla sera cercano la presenza di quell’uomo straordinario che aveva camminato con loro. Resta con noi Signore perché si fa sera! Gesù ha finalmente ritrovato ciò che era perduto, ha ritrovato Zaccheo. Gesù ha perdonato Zaccheo ancora prima del suo pentimento che si manifesterà poco dopo. All’accoglienza gioiosa di Zaccheo si contrappone l’atteggiamento scandalizzato di tutti i presenti che disapprovando il comportamento di Gesù iniziano a mormorare contro di lui. L’ingresso in casa di un peccatore pubblicano comportava la contaminazione, come se si trattasse di un lebbroso. La migliore risposta all’atteggiamento dei giudei è costituita dalle parole di Zaccheo che manifesta la conversione, il cambiamento avvenuto nel suo cuore. Si rivolge riconoscente a Gesù promettendo di donare metà dei suoi beni ai poveri e di restituire il quadruplo in più dei beni frodati. Zaccheo dimostra con i fatti che in quella casa era giunta la salvezza. Zaccheo viene associato da Gesù ad Abramo che è ricordato notoriamente dagli ebrei per la sua fede. Gesù cosi risponde anche alla folla rimproverandoli indirettamente di poca fede. Il brano si conclude con una frase che descrive la vera identità di Gesù. Quel Gesù che Zaccheo voleva conoscere è ora davanti a lui e ha appena compiuto la sua missione, è venuto a cercare e salvare chi era perduto.

Preghiera
Signore Gesù, che io sappia di essere piccolo come Zaccheo, piccolo di statura morale senza averne paura, ma dammi un po’ di fantasia per trovare il modo di alzarmi un poco da terra, spinto dal desiderio di vederti passare, di conoscerti e di sapere chi tu sei per me. Fa o Signore, che io mi riconosca nel primo dei pubblicani, nel primo dei peccatori, quando il disonesto accumulare tante cose di mio gusto, tante false sicurezze, ma mettimi in cuore una sana inquietudine, appena un po’ di curiosità per cercare te. Signore Gesù, so che devi passare dalle mie parti, dove sono io, tu devi passare di qui, se venuto apposta per me. Ti prego fammi trovare un albero, fammi trovare qualcuno che mi tenga più alto, che sia migliore di me, per cercare di vedere te, soprattutto per farmi vedere da te. Ed io che cercavo, sono stato invece trovato. Che stupore! Come mi conosci! Chi ti ha parlato di me. Signore Gesù, ti prego, dimmi che oggi ti vuoi fermare da me, in casa mia, questa notte. Vieni Signore, riempi ancora di gioia la mia vita, fammi saltellare, vedi sono troppo pesante di insipienza, di fragilità, di mediocrità, liberami dai pesi ingombranti di ciò che non voglio essere, si soprattutto liberami da ciò che egoisticamente ritengo di essere, di ciò che possiedo. Donami l’entusiasmo di essere povero di denaro, ma ricco di Dio. Io sono sicuro che mi ascolti, perché già sei venuto a cercarmi, mi hai ritrovato come tesoro che era perduto, mi hai già acquistato a prezzo della tua vita. Tu hai fatto tutto questo per me, per me che nemmeno ti conoscevo. Vedi come sono piccolo, sono meschino, tu lo sai Signore. Signore pastore buono, sollevami sulle tue spalle, sia santificato il tuo nome con la mia vita rinnovata da te. Amen.

ASCOLTO DEL BRANO “Ballata dell’uomo vecchio” C. Chieffo.

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