22 ottobre 2021 ore 09.57
Vita di AC
Convegno Presidenti e Assistenti unitari Azione Cattolica Italiana
Don Bernardo Domizi
22 ottobre 2021
ore 09.57
 

Convegno dei Presidenti e Assistenti unitari diocesani di Ac/4. I vescovi Castellucci, Sigismondi e Spinillo

Mons. Erio Castellucci: «il peccato del clericalismo: «più pericoloso della variante delta». «La diffusione capillare dell’Azione Cattolica, con le sue “antenne” presenti su tutto il territorio italiano, sarà di grande aiuto nel fare in modo che si concretizzi la richiesta di Francesco di procedere con un Sinodo “dal basso”».

L’Azione Cattolica e il cammino sinodale della Chiesa al centro dell’incontro/intervista con mons. Erio Castellucci, arcivescovo abate di Modena-Nonantola, vescovo di Carpi e vicepresidente della Cei, intervistato da Vania De Luca, giornalista RAI, e Gioele Anni, giornalista della Radio televisione svizzera (RSI), che ha caratterizzato i lavori della seconda giornata del Convegno dei Presidenti e Assistenti unitari diocesani di Azione Cattolica (a Roma presso la Domus Mariae, via Aurelia, 481).

Il presule ha presentato innanzitutto le tappe del cammino sinodale soffermandosi in particolare sul biennio dell’ascolto (2021-2023), una fase narrativa che raccoglierà in un primo anno i racconti, i desideri, le sofferenze e le risorse di tutti coloro che vorranno intervenire, sulla base delle domande preparate dal Sinodo dei vescovi su “partecipazione, comunione e missione”; nell’anno seguente si concentrerà invece su alcune priorità pastorali, per approfondirle. L’idea di fondo è – per mons. Castellucci – quella di «un coinvolgimento il più ampio possibile», espressione della Chiesa in uscita verso chi è ai margini o al di fuori dell’esperienza ecclesiale. Seguirà «una fase sapienziale, nella quale l’intero popolo di Dio, con il supporto dei teologi e dei pastori, leggerà in profondità quanto sarà emerso nelle consultazioni capillari (2023-24)». Infine, un momento assembleare nel 2025, da definire, «cercherà di assumere alcuni orientamenti profetici e coraggiosi, da riconsegnare alle Chiese nella seconda metà del decennio».

Per il vicepresidente della Cei la Chiesa è sempre strutturalmente in cammino; «è per costituzione “pellegrinaggio”, quindi cammino e movimento», e deve «rifuggire il rischio di sedersi, sistemarsi, fermarsi». Questo comporta la capacità della Chiesa «di riformarsi e adattarsi costantemente»; una capacità di «revisione e rinnovamento» orientata «completamente verso la missione». Per essere «Chiesa sul territorio» occorre «deve essere dinamica». Ecco perché contiamo su «un Sinodo aperto – in sintonia con il Sinodo universale, un cammino che non sarà solo dei vescovi, dei presbiteri, delle parrocchie, degli operatori pastorali, ma che inviterà e ascolterà anche quelle voci che spesso non si sentono nelle nostre comunità». Confida «nella pienezza del contributo di tutti e dei laici in particolare», «senza l’ansia di dover fare chissà che cosa, senza la macchinosità di strutture, dando la priorità alle esperienze di incontro e ascolto, mettendo al centro le persone e le relazioni». «A cominciare dai presbiteri tra di loro, e dei laici tra loro e insieme, in modo trasversale, recuperando il senso originario di corresponsabilità, che è un “rispondere insieme”». Perché «è questa la dimensione di una Chiesa sinodale, la corresponsabilità, che non significa confondere le responsabilità, ma assumere insieme una risposta».

La diffusione capillare dell’Azione Cattolica, con le sue «antenne» presenti su tutto il territorio italiano, sarà di grande aiuto nel fare in modo che «si concretizzi la richiesta di Francesco di procedere con un Sinodo “dal basso”, operando cioè una vera e propria consultazione del popolo di Dio, questa è la sfida». L’Azione Cattolica può aiutare i vescovi «a rendere capillare la sinodalità, far parlare tutti quelli che lo desiderano, dare delle opportunità a tutti creando dei luoghi e dei tempi di ascolto. Questo è importante: tutti noi vescovi pensiamo che almeno il primo anno dovrà essere un anno di ascolto profondo. Soprattutto dopo questo anno e mezzo di grande sofferenza dovuta alla pandemia».

Ciò che i laici e i laici di Ac in particolare possono e debbono sperimentare e testimoniare è «la mescolanza virtuosa tra teoria e pratica, essere allo stesso tempo catechisti e operatori di carità. In Ac questo si può realizzare con maggiore facilità, per il suo essere associazione di popolo, poiché è tipica della sua storia la dinamica della santità del quotidiano».

Ciò da cui si deve restare alla larga è il peccato del clericalismo: «più pericoloso della variante delta». Ciò cui si deve dare spazio e visibilità e «la vita quotidiana delle nostre realtà, fatta di carità, di attenzione, di visite alle persone, di accoglienza, di catechesi, di accompagnamento spirituale», «attraverso un ascolto profondo di esperienze di sofferenza, di gioia, di fatti di carità, di prassi di preghiera… Dobbiamo riuscire a intercettare tutto questo dotandoci degli strumenti adeguati. E allora credo che veramente il sinodo potrebbe diventare un’esperienza di crescita».

La mattinata del Convegno si è aperta con la celebrazione eucaristica presieduta da mons. Angelo Spinillo, vescovo di Aversa e presidente della Commissione Cei per il laicato. Nell’omelia mons. Spinillo ha ricordato le parole di Francesco all’Ac, dal suo discorso al Consiglio nazionale dell’associazione il 30 aprile scorso: «In particolare, voi laici di Azione cattolica potete aiutare la Chiesa tutta e la società a ripensare insieme quale tipo di umanità vogliamo essere, quale terra vogliamo abitare, quale mondo vogliamo costruire. Anche voi siete chiamati a portare un contributo originale alla realizzazione di una nuova ‘ecologia integrale’: con le vostre competenze, la vostra passione, la vostra responsabilità». Responsabilità che fa rima con fraternità, sottolinea il vescovo di Aversa: «La fraternità che, nel pensiero di Francesco, deve diventare come il solido fondamento di un nuovo vivere del mondo. Ovviamente non parliamo di una fraternità astratta, edulcorata in sentimenti sicuramente buoni, ma poco efficaci a governare le scelte della vita dell’umanità», specifica il presule. «Oggi, con Francesco possiamo dire che in un mondo che sembra aver smarrito ogni altra certezza ideale, “la fraternità ha qualcosa di positivo da offrire alla libertà e all’uguaglianza”, perché senza di essa sia libertà che uguaglianza finiscono per chiudersi in una forma di individualismo che non ci rende più liberi o uguali, ma che ci disperde nel vortice delle ambizioni soggettive e finisce per confondere libertà o uguaglianza con il solo proprio diritto di sopravvivenza».

Dopo la Santa Messa, la lectio sull’icona/tema degli Orientamenti del triennio Ac: “Passiamo all’altra riva” (Mc 4,35-41) tenuta da mons. Gualtiero Sigismondi vescovo di Orvieto-Todi e assistente ecclesiastico generale dell’Ac. Mons. Sigismondi ha ricordato come: «Essendo “scuola di fraternità”, l’Ac si qualifica come “palestra di sinodalità”», cui Papa Francesco – nel già citato discorso rivolto il 30 aprile 2021 al Consiglio nazionale di Ac – raccomanda di «continuare ad essere un’importante risorsa per la Chiesa in Italia. La sinodalità è, infatti, il suo “mestiere”, la sua specializzazione fondamentale. Ne caratterizza, in tutti i suoi livelli, lo stile di governo, che non si ispira alla leadership del presidente in carica o, al contrario, a un tavolo sindacale, ma si fonda sul sensus fidei, una sorta di “istinto spirituale”, forgiato dalla grazia battesimale, che consente di sentire cum Ecclesia». In Ac, ricorda il suo assistente generale: «Il lavoro di squadra è, dunque, una sfida permanente per l’Associazione, chiamata a testimoniare che la tensione dinamica tra il camminare e lo stare insieme, “frutto e condizione della Pentecoste”, inizia dall’ascolto dello Spirito santo, invocato con la preghiera dell’Adsumus – attribuita a sant’Isidoro di Siviglia – da osare dire, senza stancarsi, all’inizio di ogni appuntamento associativo: “Insegnaci tu ciò che dobbiamo fare, indicaci il cammino da seguire (…). Il nostro giudizio non si discosti mai dal

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Mons. Sigismondi. La sinodalità è il “mestiere” dell’Ac, la sua specializzazione fondamentale. Ne caratterizza lo stile. Si fonda sul sensus fidei, una sorta di “istinto spirituale”, forgiato dalla grazia battesimale, che consente di sentire cum Ecclesia.

È sera, incede la notte, e Gesù chiama a raccolta i suoi discepoli e li invita a salire a bordo di una barca, a sciogliere gli ormeggi, a passare all’altra riva del lago di Galilea che, circondato su tre lati da montagne alte, è soggetto a improvvise tempeste di vento. L’iniziativa della traversata, congedata la folla, è tutta di Gesù; all’improvviso una grande tempesta rovescia le onde nella barca, che si riempie d’acqua, mentre Gesù dorme tranquillo e sereno, stando a poppa sul cuscino. Questo è l’unico luogo del Vangelo in cui si dice che Gesù dorme; la tradizione lo presenterà dormiente sull’albero “fecondo e glorioso” della croce. Dal contesto quel dormire (al participio presente, dormiente) appare un’azione educativa: Gesù sembra farlo di proposito per sondare la reazione dei discepoli che, sopraffatti da una crisi collettiva di panico, lo svegliano dicendo: “Maestro, non t’importa che siamo perduti?” (4,38b).

Gesù interviene senza indugio sulla fonte della paura dei discepoli con una autorevolezza tale che “segna il corso e il limite all’impeto dei flutti”. Questo intervento di Gesù è molto importante sul piano pedagogico; Egli, a viso aperto, rivolge ai discepoli un duplice monito: “Perché avete paura? Non avete ancora fede?” (4,40). Alla lettera Gesù dice: “Perché siete così codardi (deilói) e increduli?”. Deve far riflettere il fatto che anche il Libro dell’Apocalisse nomina, fra gli altri, accanto ai codardi gli increduli (cf. 21,8). Subito dopo Marco nota che i discepoli, presi da grande timore, si pongono una domanda ricca di páthos: “Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?” (4,41). Coniugato all’indicativo presente, il verbo “obbedire” sottolinea che quello di Gesù non è un primato ma un vero e proprio potere assoluto, come suggerisce la formula imperativa: “Taci, calmati!”, riferita al mare (4,39), letta in sinossi con quella rivolta all’uomo posseduto da uno spirito impuro: “Taci! Esci da lui!” (Mc 1,25).

“È facile ritrovarci in questo racconto”, osserva Papa Francesco, durante la burrasca inaspettata e furiosa della pandemia, nell’omelia tenuta il 27 marzo 2020 sul sagrato di Piazza San Pietro, gremita di silenzio. “Quello che risulta difficile è capire l’atteggiamento di Gesù il quale, mentre i discepoli sono allarmati e disperati, sta a poppa nella parte della barca che per prima va a fondo”. Forse il Maestro, placidamente coricato, intende fare appello alla responsabilità dei discepoli, per prepararli “a sostenere lo scandalo della croce”, a sopportare con coraggio le avversità e a riconoscere che “l’inizio della fede è sapersi bisognosi di salvezza”. “Abbiamo bisogno del Signore – avverte il Santo Padre – come gli antichi naviganti delle stelle: con Lui a bordo, non si fa naufragio”. “L’ora della tempesta e del naufragio – scrive Dietrich Bonhoeffer – è l’ora della inaudita prossimità di Dio, non della Sua lontananza. Là dove tutte le altre sicurezze si infrangono e crollano e tutti i puntelli che reggevano la nostra esistenza sono rovinati uno dopo l’altro, là dove abbiamo dovuto imparare a rinunciare, proprio là si realizza questa prossimità di Dio”. Il grande pensatore Romano Guardini sottolinea che “Dio è sempre vicino, essendo alla radice del nostro essere. Tuttavia, dobbiamo sperimentare il nostro rapporto con Dio tra i poli della lontananza e della vicinanza. Dalla vicinanza siamo fortificati, dalla lontananza messi alla prova”.

Nel Salterio la dialettica tra lontananza e vicinanza diventa dialogo tra il lamento: “Svegliati, perché dormi, Signore?” (Sal 44,24) e la promessa: “Non si addormenterà, non prenderà sonno, il custode d’Israele” (Sal 121,4). “È nella notte – rileva Ermes Ronchi – che sorgono le grandi domande (…). Dio non è altrove e non dorme. È già qui, sta nelle braccia degli uomini, forti sui remi; sta nella presa sicura del timoniere; è nelle mani che svuotano l’acqua che allaga la barca; negli occhi che scrutano la riva, nell’ansia che anticipa la luce dell’aurora. Dio è presente, ma a modo suo; vuole salvarmi, ma lo fa chiedendomi di mettere in campo tutte le mie capacità, tutta la forza del cuore e dell’intelligenza. Non interviene al posto mio, ma insieme a me; non mi esenta dalla traversata, ma mi accompagna nell’oscurità. Non mi custodisce dalla paura, ma nella paura. Così come non ha salvato Gesù dalla croce, ma nella croce. L’intera nostra esistenza può essere descritta come una traversata pericolosa, un passare all’altra riva. Dio risponde chiamandomi alla perseveranza, moltiplicandomi le energie; la sua risposta – raccontata dai gesti, che fanno argine e confine alla paura – è tanta forza quanta ne serve per il primo colpo di remo. E ad ogni colpo Lui la rinnoverà”.

Il brano della tempesta sedata ci interpella e, in mezzo alle prove della vita, ci invita a tenere bene a mente che “la tribolazione produce pazienza” (Rm 5,3), la quale oltre ad essere una virtù umana è una forza divina, operante anche quando il movimento di conversione dell’uomo non è ancora compiuto. Per il cristiano la pazienza è coestensiva alla fede: è perseveranza, cioè fede che dura nel tempo; è makrothymía, “capacità di guardare e sentire in grande”, arte di accogliere e vivere l’incompiutezza. La pazienza è la virtù di una Chiesa che attende il Signore, che vive responsabilmente il “non-ancora”, percorrendo la via faticosa dell’ascolto, costruendo la comunione possibile, dando spazio alla creatività che solo lo Spirito è capace di suscitare e incentivare. “C’è un modo rigido – lamenta Papa Francesco – di considerare le circostanze, che mortifica la makrothymía di Dio, cioè quella pazienza dello sguardo che si nutre di visioni profonde, visioni larghe, visioni lunghe: Dio vede lontano, Dio non ha fretta”.

La makrothymía è una virtù che impegna non solo ad avere la lungimiranza dei navigatori, ma anche ad assumere la postura agile e perseverante dei pellegrini. “Turista è chi passa senza carico né direzione. Camminatore chi prende lo zaino e marcia. Pellegrino chi, oltre a cercare, sa inginocchiarsi quando è necessario”. Queste parole di san Riccardo lasciano intendere che il credente è un pellegrino innamorato del Vangelo, aperto alle sorprese dello Spirito: per lui la meta è già dentro il cammino; per lui la strada è il suo domicilio; per lui la provvisorietà è il suo numero civico. Il credente non è un viandante che ignora donde venga e dove vada, ma un pellegrino in continuo esodo. Nel pellegrinaggio – icona della vita e della condizione dei discepoli di Cristo – i pensieri, lasciati liberi nel loro svolgersi, scivolano a terra durante le ore trascorse gran parte in silenzio. Lungo il sentiero conversare con chi cammina accanto o sorridere allo sconosciuto è un’abitudine consolidata, come la disponibilità all’aiuto reciproco. Camminare per giorni con qualsiasi tempo e con quanto si riesce a portare sulle spalle, ognuno con il peso della sua storia, ha un carattere pedagogico e rappresenta una tutela anche per i luoghi che si attraversano. Tutto questo a poco a poco priva il pellegrino delle sue difese e lo conduce alla meta del proprio cuore.

Papa Francesco, il 18 settembre 2021, incontrando i fedeli della Diocesi di Roma, raccolti nell’Aula Paolo VI, li ha invitati a “interrogare la Rivelazione secondo un’ermeneutica pellegrina, che sa custodire il cammino cominciato dagli Atti degli Apostoli, il primo e più importante manuale di ecclesiologia”. Il Santo Padre ha concluso il suo intervento puntualizzando che “la Chiesa non si rafforza solo riformando le strutture, ma se riscoprirà di essere popolo che vuole camminare insieme”. La sinodalità manifesta il carattere “pellegrino” della Chiesa. Questa consapevolezza, sebbene appartenga al “patrimonio genetico” dell’ACI, non esime l’Associazione dal compito di sottoporsi a continua revisione. Non si tratta di cambiare “cilindrata” a una “carrozzeria” che ha le sue caratteristiche di base, ma di aprire nuove strade all’ascolto di “ciò che lo Spirito dice alle Chiese” (cf. Ap 2,7). Farsi artigiani di comunione, tessitori di unità è la vocazione propria dell’Associazione di AC, che si configura come “scuola di fraternità”, abilitata a custodire “la grazia dell’insieme”, a ravvivare “l’audacia di essere un solo Corpo”.

               Essendo “scuola di fraternità”, l’ACI si qualifica come “palestra di sinodalità”, a cui Papa Francesco – nel discorso rivolto, il 30 aprile 2021, al Consiglio nazionale di AC – raccomanda di “continuare ad essere un’importante risorsa per la Chiesa in Italia”. La sinodalità è, infatti, il suo “mestiere”, la sua specializzazione fondamentale. Ne caratterizza, in tutti i suoi livelli, lo stile di governo, che non si ispira alla leadership del presidente in carica o, al contrario, a un tavolo sindacale, ma si fonda sul sensus fidei, una sorta di “istinto spirituale”, forgiato dalla grazia battesimale, che consente di sentire cum Ecclesia. Il lavoro di squadra è, dunque, una sfida permanente per l’Associazione di AC, chiamata a testimoniare che la tensione dinamica tra il camminare e lo stare insieme, “frutto e condizione della Pentecoste”, inizia dall’ascolto dello Spirito santo, invocato con la preghiera dell’Adsumus – attribuita a sant’Isidoro di Siviglia – da osare dire, senza stancarsi, all’inizio di ogni appuntamento associativo: “Insegnaci tu ciò che dobbiamo fare, indicaci il cammino da seguire (…). Il nostro giudizio non si discosti mai dal

 

Presenti a Roma  per Azione Cattolica Diocesi di Ascoli Piceno  :  DON ANDREA TANCHI E AVV. SIG. MARIO DEL GATTO

venerdì 29 ottobreore 18.30 Preghiera iniziale

Presiede don Mario Diana Assistente ecclesiastico centrale Msac
Introduzione Introduzione Giuseppe Notarstefano Presidente nazionale dell’Aci
ore 20.00 Cena
ore 21.30 Rosario Livatino, Rosario Livatino,
testimone di speranza testimone di speranza Rosy Bindi già parlamentare e Presidente della Commissione
Antimafia nella XVII Legislatura,
membro del Gruppo di lavoro sulla
“scomunica alle mafie” presso il Dicastero
per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale
Francesco Minisci Sostituto Procuratore della Repubblica,
Direzione Distrettuale Antimafia di Roma
Annachiara Valle giornalista di «Famiglia Cristiana»
Discutono del libro di Ida Abate
Il Piccolo Giudice. Fede e giustizia
in Rosario Livatino, Editrice Ave
sabato 30 ottobreore 8.30 Santa Messa
Presiede S.E. Mons. Angelo Spinillo Vescovo di Aversa e Presidente
della Commissione Episcopale per il Laicato
ore 9.30 Lectio sull’icona Lectio sull’icona
degli Orientamenti degli Orientamenti
triennali triennali S.E. Mons. Gualtiero Sigismondi Vescovo di Orvieto-Todi
e Assistente ecclesiastico generale dell’Aci
L’Azione cattolica L’Azione cattolica
nel cammino sinodale nel cammino sinodale S.E. Mons. Erio Castellucci Arcivescovo Abate di Modena-Nonantola,
Vescovo di Carpi e Vice Presidente
della Conferenza Episcopale Italiana
Intervistato da
Vania De Luca Giornalista RAI
e Gioele Anni Giornalista RSI
ore 13.00 Pranzo
ore 15.00 Presentazione degli Presentazione degli
Orientamenti triennali Orientamenti triennali
ore 16.00 Laboratori
ore 19.30 Vespri
Presiede don Francesco Marrapodi Assistente ecclesiastico centrale Acr
ore 20.00 Cena
domenica 31 ottobreore 8.00 Santa Messa
Presiede S. E. Mons. Stefano Russo Segretario generale
della Conferenza Episcopale Italiana
ore 9.00 Comunicazioni su aspetti rilevanti
della vita associativa
Restituzione dei lavori dei laboratori
Dibattito
ore 13.00 Pranzo
ore 15.00 Conclusioni Conclusioni Giuseppe Notarstefano
La Presidenza nazionale
dell’Azione cattolica italiana
è lieta di invitarvi alla visione dei lavori
del Convegno Presidenti e Assistenti
Si ringrazia
 
🤗 Dal 29 al 31 Ottobre prossimi a #Roma la #DomusMariae accoglierà il #Convegno dei #Presidenti degli #Assistenti unitari che, nel rispetto delle vigenti norme sanitarie,
si incontreranno dal vivo per respirare quell’aria di famiglia e complicità che contraddistinguono ogni occasione in cui ci si trova insieme.
🎤 La sfida di trovare nuovi modi per raccontare la bellezza dell’essere cristiani, di ricominciare e pian piano incrementare le attività in presenza, coinvolgendo amici vecchi e nuovi; la riflessione sugli orientamenti triennali e sulle priorità della nostra Associazione per il futuro; il percorso che ci condurrà al Sinodo della Chiesa Italiana sono i temi principali che saranno oggetto di riflessione dei Presidenti e degli Assistenti.