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Giovani di Azione Cattolica
Parrocchia di Stella di Monsampolo
DATTI UNA REGOLATA
Esperienza
Se paragonassimo l’esistenza di ciascuno di noi ad una linea retta – che non ha un principio ed una fine – la nostra vita quaggiù ci appare come il continuo sforzo di tracciare segmenti; il segmento per definizione è parte di questa infinità, è la parte di una retta compresa fra due punti. Le inquietudini della vita di ognuno di noi, (un lavoro dignitoso e ben pagato, un progetto di vita solido, gli esami universitari così come il condividere la vita con una persona) appaiono come segmenti da tracciare dritto. Viene posto al centro del tavolo un grande foglio con dei punti da congiungere: ciascun partecipante, munito di un pennarello dovrà tentare senza avvalersi di nessun altro strumento di definire un segmento il più dritto possibile.
Darsi una regola
Regola viene dal latino regula, da cui sono venuti pure il nostro “regolo”, il “righello”, cioè lo strumento che ci consente di fare le righe, di andare dritti.
Provocazioni:
- Quali regole abbiamo dato al nostro quotidiano?
- Quali aspetti della nostra vita abbiamo tenuto a regolamentare?
- Quali aspetti regolamentano ad esempio il nostro “lavoro”?
- Dal punto di vista relazionale, ci siamo dati una regola?
- La regola eventualmente ci aiuta o ci inibisce?
- Cosa detta la regola, le priorità che abbiamo stabilito oppure le problematiche riscontrate con l’altro o con quell’aspetto della nostra vita? Sono per contrapporsi a qualcosa o per esprimere “chi voglio essere”?
- E nella vita spirituale ci siamo dati una regola?
Dal progetto formativo dell’Azione Cattolica
Anche i laici hanno una regola?
Può avere un senso parlare di “regola” per dei laici? Non è questo un elemento che appartiene tipicamente all’esperienza monastica e della vita religiosa? Parlare di regola non rischia di applicare alla laicità un modello che appartiene ad altre vocazioni, compiendo una forzatura e rendendo ancora più difficile il percorso dei laici verso l’individuazione di uno stile di vita cristiana rispettoso della loro originale vocazione? Sono le domande che spesso ci poniamo davanti all’idea di darci una regola di vita.
Una regola come stile di vita
Eppure darsi una regola non significa altro che assumere un progetto di vita cristiana che ne costituisca la sintesi, ne indichi lo stile, ne esprima le intenzioni profonde. La regola è un modo di interpretare, attraverso un aspetto particolare, tutta la vita cristiana, rendendolo il punto di vista da cui guardare tutto il resto, attraverso cui vivere il mistero nella sua globalità. Questo modo sintetico di interpretare l’essere cristiani si traduce in uno stile di vita, cioè si rende visibile, si esprimere in atteggiamenti,gesti,modi concreti di vivere e in questo senso diventa parola – pur nel silenzio – che dice il Vangelo e la sua fecondità storica. È una sintesi destinata a creare rapporto tra il Vangelo e il tempo, tra il senso perenne dalla Parola e le caratteristiche storiche, che essa corregge, contesta, valorizza, compie… Per questo ogni regola è anche specchio di un tempo,è un modo credente di interpretarlo, in quei caratteri di originalità e di alternativa, eppure di storicità, che corrispondono al paradosso della vita cristiana.
I caratteri della nostra regola di vita
Se la regola è parola che raccoglie in sintesi una vita e le sue intenzioni, il suo progetto e il suo senso, è chiaro che essa assume caratteristiche tipiche dalla vita laicale: quella dell’essenzialità, per poter dire l’essenziale della fede nella molteplicità delle situazioni della vita; quella della flessibilità, cioè dell’adattamento possibile alle situazioni diverse, nel permanere di alcune costanti di fondo; quella della personalizzazione, per cui ogni persona, e più volte nel corso della vita, riadatta la regola con le sue esigenze concrete all’evolvere e al crescere della propria esperienza di vita cristiana.