ore 00.43
GIOVANI DI AZIONE CATTOLICA
-gennaio 2014
Discernimento e corresponsabilità
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Per avviare la discussione...
Ciascun membro del gruppo riceve segretamente un biglietto con l’indicazione di un ruolo ben preciso e le mansioni che di lì in avanti, sulla base del ruolo ricevuto, deve svolgere. Nello specifico le mansioni sono le seguenti:
- il verbalizzatore: annota con dovizia di dettagli solo tutto ciò che avviene sulla scena;
- il dispensatore di consigli: scrive come la situazione sperimentata potesse in realtà essere migliorata per rispondere – pur senza conoscerli - ai bisogni di tutti;
- il sovrintendente: prende appunto di tutti i bisogni ai quali si è voluto rispondere attraverso quella situazione.
La situazione messa in scena è la seguente:
un cameriere entra con un vassoio e legge velocemente la comanda ricevuta al telefono. Nello specifico gli è stato chiesto: tre caffé normali, uno lungo e macchiato ed uno decaffeinato; due bicchieri d’acqua di cui uno a metà per la medicina, una camomilla e due panini, uno con prosciutto e mozzarella, l’altro senza mozzarella.
Cosa è avvenuto sotto gli occhi dei giovani presenti? A quali bisogni si è cercato di rispondere? si è risposto ai bisogni di tutti i presenti? Oppure qualcuno è rimasto fuori? Ciascuno prenderà nota sul proprio taccuino sulla base del compito ricevuto in assegnazione.
Si formano quindi casualmente dei gruppi che – solo sulla base di quanto indicato nei propri appunti – sono chiamati a ripercorrere la scena, individuare i bisogni, fare proposte.
Verso la scelta democratica – il valore del discernimento comunitario
Il discernimento comunitario è un’azione che mira ad individuare e riconoscere la volontà di Dio nella storia per poter compiere delle scelte che, secondo lo Spirito, possano portare “molto frutto” per la realtà in cui viviamo:
Per pensare il discernimento comunitario possiamo individuare uno schema di massima, che non è tanto un metodo da applicare quanto piuttosto uno stile con cui stare nel mondo per affrontare le questioni che ci interpellano:
1. Il primo momento riguarda la conoscenza dell’oggetto di cui dobbiamo parlare. [...]
2. Il secondo momento è quello della “purificazione interiore”, in cui vengo chiamato a liberarmi dalle mie incomprensioni rispetto alla questione. Si tratta di porre interrogativi sui propri schemi. Se mi porto dentro dei pregiudizi, l’altro finisce col diventare un nemico, un oppositore.
3. Il terzo momento è quello dell’approfondimento e della valutazione. Il riferimento immediato è il Vangelo e il Magistero.
4. Quarto momento è il momento decisionale. Il discernimento porta ad elaborare degli orientamenti e ad operare delle scelte coerenti col Vangelo. Non saranno sempre scelte perfette, spesso saranno i passaggi possibili in una realtà complessa. Ma il discernimento ci apre un cammino che ci porta verso la verità e il bene comune, ci indica le tappe, ci indica dei passi da fare. Si tratta di imparare a distinguere il piano dei valori evangelici da quello delle mediazioni storiche e concrete.
5. L’ultimo momento è il momento esecutivo.
In conclusione: “Il discernimento comunitario, nel senso proprio del termine, non significa arrivare alla scelta sommando i discernimenti individuali, ma che la comunità si riconosce come un organismo vivo, che le persone che la compongono creano una comunione dei cuori tale che lo Spirito si può rivelare e che esse lo colgono in quanto comunione di persone, unità di intesa”.
(ACI, Esercizi di Bene Comune)
Provocazioni per riflettere un po’
- Mi sento parte del discernimento comunitario che l’associazione della mia parrocchia fa?
- In quale dei tre ruoli precedentemente assegnati mi riconosco di più: quello che verbalizza ma non propone, quello che propone ma non studia e non indaga, quello che analizza i bisogni e rimane fermo dietro la sua bella linea gialla?
Verso la scelta democratica – il valore della corresponsabilità
“La necessità dell’associazione di eleggere, a cadenze regolari, i rappresentanti, discende direttamente dalla scelta di vivere la democrazia. L’elezione del Consiglio è infatti la massima manifestazione della democraticità: è un atto di fiducia, di partecipazione, e come tale non può riteneresi concluso al momento del voto. La corresponsabilità è lo stile che l’AC sceglie a tempo pieno. Ogni socio è chiamato a contribuire sempre alla vita dell’associazione, indipendentemente dal suo ruolo di servizio. Il voto espreime la volontà di essere rappresentato da una persona, ma in tal senso, la rappresentanza non è sinonimo di DELEGA”.
(ACI, Ci metto la faccia. Guida Giovani 2013-14, dossier Democratici per scelta)
Il carisma dell’AC è comunitario: non si vive isolatamente,ma insieme, in una testimonianza corale ed organica che prende per noi la forma dell’associazione. L’esperienza associativa costituisce una scuola di non poco valore e al tempo stesso richiede attenzioni e cura perché non scada in puro fatto organizzativo ma conservi la carica umana e spirituale di incontro tra le persone, in una familiarità che tende alla comunione e in un coinvolgimento che tende alla corresponsabilità. La scelta democratica è la forma che abbiamo scelto per costruire un’esperienza che nasca dal contributo di tutti e si avvalga della partecipazione di ciascun aderente. L’essere associazione impegna a camminare nell’unità e a fare famiglia: per la Chiesa, segno di comunione e di amore; per ogni persona, tirocinio di socialità, con la sua esigenza di concorrere a realizzare obiettivi comuni e con la disciplina che essa esige perché si possa camminare insieme tenendo conto delle esigenze e del passo degli altri. Ma anche tirocinio di vita ecclesiale, che chiede la tensione all’unità, all’integrazione, alla testimonianza di quella comunione che è dono e impegno e che esige di tramutarsi in percorsi che realizzano una fraternità senza confini.
(ACI, Perché sia formato Cristo in voi. Progetto Formativo, Roma 2004)
- Che cosa significa CONCRETAMENTE vivere l’AC come una famiglia?