26 dicembre 2009 ore 18.21
LA LUCE CHE ILLUMINA OGNI UOMO - Veglia di Natale 2009
26 dicembre 2009
ore 18.21

PARROCCHIA MARIA SS. MADRE DELLA CHIESA – STELLA DI MONSAMPOLO
VEGLIA DI NATALE 2009
La luce che illumina ogni uomo

CANTO INIZIALE

INTRODUZIONE
Il Natale di Gesù è davanti ai nostri occhi. Ciò che è accaduto duemila anni fa lo rivivremo nel mistero. Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre. Accogliamo con gioia l’annuncio della buona novella che il Signore, nato da Maria, ha proclamato per tutti: la sua Parola diventi luce ai nostri passi e scuota la nostra stanchezza perché Egli trovi una dimora nella nostra esistenza. Il nostro Dio ha voluto assumere la nostra condizione umana, ha voluto condividere con noi la nostra storia. Il mistero accade anche se tutto attorno è “notte” e il tempo sembra scorrere via con i ritmi di sempre. Il mistero del Natale, della salvezza che giunge come dono ad ogni uomo, ci aiuti a risvegliarci e a comprendere che tutto parte dal nostro cuore. Se accoglieremo quel Bambino, saremo capaci di donare a chi ci circonda ciò che ci viene donato: la speranza. Vegliamo e lasciamoci riscaldare il cuore da parole di consolazione.

Mentre la Chiesa è semibuia si accendono dei ceri vicino ad una immagine o icona previamente scelta.

PREGHIERA INIZIALE
Nella notte, o Dio, tu ci chiami a vegliare per ripercorrere il cammino del tuo instancabile amore, per vivere di nuovo il succedersi di tante notti che hanno segnato la meravigliosa avventura tra te e l’uomo, la tua appassionata ricerca, la tua presenza che salva e consola. Sarai per noi Parola di speranza, forza per riprendere a vegliare ed attendere insieme a tutto il popolo la gloriosa venuta di Colui che tu hai mandato. Allontana, o Dio, ogni tenebra dal cuore dei tuoi figli e dona alle nostre menti la tua luce.

CANTO

LETTURA: GV 1,1-18
1 In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio.
2 Egli era in principio presso Dio:
3 tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste.
4 In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini;
5 la luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta.
6 Venne un uomo mandato da Dio e il suo nome era Giovanni.
7 Egli venne come testimone per rendere testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui.
8 Egli non era la luce, ma doveva render testimonianza alla luce.
9 Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo.
10 Egli era nel mondo, e il mondo fu fatto per mezzo di lui, eppure il mondo non lo riconobbe.
11 Venne fra la sua gente, ma i suoi non l’hanno accolto.
12 A quanti però l’hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome,
13 i quali non da sangue, né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati.
14 E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi vedemmo la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità.
15 Giovanni gli rende testimonianza e grida: “Ecco l’uomo di cui io dissi: Colui che viene dopo di me mi è passato avanti, perché era prima di me”.
16 Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto e grazia su grazia.
17 Perché la legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo.
18 Dio nessuno l’ha mai visto: proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato.

Breve pausa di silenzio e meditazione.

BENEDETTO XVI
A Natale ricordiamo qualcosa di assai concreto ed importante per gli uomini, qualcosa di essenziale per la fede cristiana, una verità che san Giovanni riassume in queste poche parole: “il Verbo si è fatto carne”. Nel buio della notte di Betlemme si accese realmente una grande luce: il Creatore dell’universo si è incarnato unendosi indissolubilmente alla natura umana, sì da essere “Dio da Dio, luce da luce”, e al tempo stesso uomo, vero uomo. Qual che Giovanni chiama il greco “ho logos”, tradotto in latino “Verbum” e in italiano “il Verbo”, significa anche “il Senso”. Quindi potremmo intendere l’espressioni di Giovanni così: “il Senso eterno” del mondo si è fatto tangibile ai nostri sensi e alla nostra intelligenza: ora possiamo toccarlo e contemplarlo. Il “Senso” che si è fatto carne non è semplicemente un’idea generale insita nel mondo; è una “Parola” rivolta a noi. Il Logos ci conosce, ci chiama, ci guida. Non è una legge universale, in seno alla quale noi svolgiamo poi qualche ruolo, ma è Persona che si interessa di ogni singola persona: è il Figlio del Dio vivo, che si è fatto uomo a Betlemme. A molti uomini, ed in qualche modo a noi tutti, questo sembra troppo bello per essere vero. In effetti, qui ci viene ribadito: sì, esiste un senso, ed il senso non è una protesta imponente contro l’assurdo. Il Senso ha potere: è Dio. Un Dio buono, che non va confuso con un qualche essere eccelso e lontano, a cui non sarebbe mai dato di arrivare, ma un Dio che si è fatto nostro prossimo e ci è molto vicino, che ha tempo per ciascuno di noi e che è venuto per rimanere con noi. È allora spontaneo domandarsi: “È mai possibile una cosa del genere? È cosa degna di Dio farsi bambino?”. Per cercare di aprire il cuore a questa verità che illumina l’intera esistenza umana, occorre piegare la mente e riconoscere la limitatezza della nostra intelligenza. Nella grotta di Betlemme, Dio si mostra a noi umile “infante” per vincere la nostra superbia. Forse ci saremmo arresi più facilmente di fronte alla potenza, di fronte alla saggezza; ma Lui non vuole la nostra resa; fa piuttosto appello al nostro cuore e alla nostra libera decisione di accettare il suo amore. Si è fatto piccolo per liberarci da quell’umana pretesa di grandezza che scaturisce dalla superbia; si è liberamente incarnato per renderci veramente liberi, liberi di amarlo.

CANTO

Durante il canto chi vuole può accendere un lumino e può poggiarlo vicino all’icona come segno della propria preghiera, segno dell’attesa della luce vera, della luce che illumina ogni uomo.

LETTURA: MT 1,18-25
Ecco come avvenne la nascita di Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, che era giusto e non voleva ripudiarla, decise di licenziarla in segreto. Mentre però stava pensando a queste cose, ecco che gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: “Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo. Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati”. Tutto questo avvenne perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: Ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio che sarà chiamato Emmanuele, che significa Dio con noi. Destatosi dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa, la quale, senza che egli la conoscesse, partorì un figlio, che chiamò Gesù.

RIFLESSIONE: DAGLI SCRITTI DI DON TONINO BELLO VESCOVO.
Buon Natale, amico mio: non avere paura. La speranza è stata seminata in te. Un giorno fiorirà. Anzi, uno stelo è già fiorito. E se ti guardi attorno, puoi vedere che anche nel cuore del tuo fratello, gelido come il tuo, è spuntato un ramoscello carico di attese.
E in tutto il mondo, sopra la coltre di ghiaccio, si sono alzati ramoscelli carichi di gemme. E una foresta di speranze che sfida i venti densi di tempeste e, pur incurvandosi ancora, resiste sotto le bufere portatrici di morte. Non avere paura, amico mio. Il Natale ti porta un lieto annunzio: Dio è sceso su questo mondo disperato. E sai che nome ha preso? Emmanuele, che vuoi dire: Dio con noi. Coraggio, verrà un giorno in cui le tue nevi si scioglieranno, le tue bufere si placheranno, e una primavera senza tramonto regnerà nel tuo giardino, dove Dio, nel pomeriggio, verrà a passeggiare con te... Se vi dico che uno stelo di speranza è già fiorito, è perché voglio esortarvi a recuperare un genere diverso di vita e un nuovo gusto di vivere. E’ perché voglio invitarvi a stare nella crisi attuale senza rassegnazioni, ma con lucidità e coraggio. E’ perché voglio stimolarvi ad andare controcorrente e a porre sui valori morali le premesse di un’autentica cultura di vita, che possa battere ogni logica di distruzione, di avvilimento e di morte. Gesù che nasce, è il segno di una speranza che, nonostante tutto, si è già impiantata sul cuore della terra.

Breve pausa di silenzio.

TESTIMONIANZA DI TIZIANO
È previsto un breve momento di condivisione

CANTO

RIFLESSIONE: DAL LIBRO “GESÙ ZERO” DI PAOLO CURTAZ.
Il natale rischia davvero di diventare una festa insopportabile. Capiamoci: non il Natale descritto dal Vangelo, ma l’altro natale, quello tarocco, quello rassicurante e mieloso, pieno di (finti) buoni sentimenti, quello dopato per far spendere la tredicesima, quello che suscita un’immensa tristezza in chi vive situazioni di solitudine o di fatica affettiva. Natale è ormai una festa di compleanno in cui ci si dimentica di invitare il festeggiato. A rileggere bene i testi del Vangelo, si dovrebbe restare quanto meno stupefatti, dovrebbero suscitare una sana inquietudine. Siamo onesti c’è il rischio che si realizzino le parole dell’evangelista Giovanni: “La luce viene, ma le tenebre non l’hanno accolta” (cfr. Gv 1,5). Dio viene, ma l’umanità non se n’è accorge. Il Natale ribalta la concezione dell’assenza di Dio: è l’uomo a essere assente, non Dio. Capisco, allora, che col passare dei secoli si sia aggiunto zucchero a tanta urticante verità. Quel bambino è segno di contraddizione, è — da subito — il crocifisso. Ecco il vero volto di Dio: un Dio inerme, donato, bisognoso di tutto, come è fragile e bisognoso un neonato. A me quel bambino non suscita tenerezza: mi inquieta. Dio viene, ma molti rifiutano la sua venuta, pochi lo accolgono. Tra quanti lo rifiutano l’evangelista Luca pone il grande Cesare Augusto, che deve contare i suoi sudditi per ragioni fiscali. Egli possiede l’impero, le vite gli appartengono, anche quella di Dio. Cesare assomiglia ai tanti imperatori che ancora vivono in mezzo a noi, alle multinazionali, ai grandi responsabili delle istituzioni, a chi esercita un potere e si prende per Dio. Ancora oggi Dio viene sottomesso e censito da quanti pensano di possederlo, di annoverarlo tra le proprie file. Lui, l’inconoscibile, è trattato come un suddito. La gente di Betlemme non se la sente di accogliere una donna partoriente (come dar loro torto!): la città brulica di persone scese per il censimento, l’affitto delle camere rende bene, meglio evitare scocciature. Alla fine qualcuno, inteneritosi, offre agli stremati coniugi di Nazareth il sottoscala della casa, là dove sono custoditi gli animali necessari alla sopravvivenza, perché il piano alto è occupato da altri parenti giunti a Betlemme per il censimento. Così Dio nasce in una mangiatoia. Mi hanno sempre fatto riflettere gli abitanti di Betlemme perché in fondo è gente comune che potrebbe ben rappresentare gli abitanti di una città odierna. Gente semplice, che vive una quotidianità normale, ma che non riesce a riconoscere nel volto del viandante e dello straniero il volto di Dio. Dio viene: nel nascondimento, nella povertà, nel disagio di nascere in una città straniera, come straniero. Possiamo immaginare Giuseppe, che cerca disperatamente un luogo per fermarsi e che deve — lui, spaventato a morte — rassicurare la sua Maria. Sin dall’inizio Dio non vuole privilegi, accetta di vivere tutti i rischi e le fatiche dell’essere uomo, senza eccezioni. Maria e Giuseppe accolgono l’inaudito di Dio nella loro vita senza porre condizioni; la loro vita viene scavata, arata, continuamente messa alla prova. Il loro atteggiamento ci è proposto come modello di discepolato, come percorso di conversione. Maria, da parte sua, conservava tutte queste cose meditandole in cuor suo (Lc 2,19; 2,51). Davanti al mistero della vita e della presenza di Dio, il modo migliore per coglierne l’ampiezza è la riflessione interiore, la meditazione, il silenzio umile di Maria. Arriverà anche in questo Natale l’annuncio gioioso degli angeli: «Oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore» (Lc 2,11). Non per i bravi ragazzi che se lo meritano, non per i devoti che già possiedono Dio, ma per i perdenti senza giustificazione, per gli sconfitti della storia, per i miseri e gli umiliati, per i peccatori. Che notizia straordinaria! Se vi dicessi che Dio viene a premiare i buoni, che buona notizia sarebbe? Che novità sarebbe? Da subito Dio scardina i nostri luoghi comuni, anche quelli religiosi. Dio viene proprio per chi disperatamente lo invoca.

PREGHIERA FINALE
Signore Gesù, eccoci ancora una volta davanti al Natale. Donaci semplicità di cuore e fiducia piena nella tua Parola così come Maria ci ha insegnato, donaci fede viva e vera carità come ci ha insegnato Giuseppe, donaci un po’ di umiltà per poter guardare alle nostre povertà e quelle del mondo, raccoglile intorno a te come facesti con i pastori. Come loro viviamo il nostro quotidiano nella fatica, nell’attesa di un messaggio di gioia. Donaci segni chiari di speranza come facesti con i magi. Come loro viviamo anche noi alla ricerca di qualcosa di buono per la nostra vita, ma non sappiamo bene cosa. Liberaci dalla superbia, dall’orgoglio, dalle nostre manie di potere per non cadere nella violenza come successe ad Erode. Donaci il tuo amore che si è mostrato nella sua potenza attraverso la piccolezza. Signore tu ci hai amato, partendo dalla nostra vita, camminando con noi, mandandoci segni che non siamo riusciti a capire pienamente, ma che ci hanno affascinato, la tua promessa di felicità e la compagnia degli altri uomini che come noi ti desiderano. Maranàtha, Vieni Signore Gesù.

BENEDIZIONE DEL SACERDOTE

CANTO FINALE

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