ore 01.39
GIOVANISSIMI DI AC 31 marzo 2007 Offida
LIBERI DI... LIBERI DA... LIBERI PER...
PREGHIERA
Signore, ho letto da qualche parte che gli uomini sono angeli con un'ala soltanto: possono volare solo rimanendo abbracciati.
A volte nei momenti di confidenza oso pensare, Signore, che anche Tu abbia un'ala soltanto, l'altra la tieni nascosta...forse per farmi capire che Tu non vuoi volare senza me.
Per questo mi hai dato la vita, perché io fossi tuo compagno di volo.
Insegnami allora a librarmi con Te perché vivere non è trascinare la vita, non è strapparla, non è rosicchiarla: vivere è abbandonarsi come un gabbiano all'ebbrezza del vento; vivere è assaporare l'avventura della libertà, vivere è stendere l'ala, l'unica ala con la fiducia di chi sa di avere nel volo un partner grande come Te.
ASCOLTO CANZONE: LA STORIA SIAMO NOI di F. De Gregori
La storia siamo noi, nessuno si senta offeso,
siamo noi questo prato di aghi sotto il cielo.
La storia siamo noi,
attenzione, nessuno si senta escluso.
La storia siamo noi,
siamo noi queste onde nel mare,
questo rumore che rompe il silenzio,
questo silenzio così duro da raccontare.
E poi ti dicono "Tutti sono uguali,
tutti rubano alla stessa maniera".
Ma è solo un modo per convincerti
a restare chiuso dentro casa quando viene la sera.
Però la storia
non si ferma davvero davanti a un portone,
la storia entra dentro le stanze, le brucia,
la storia dà torto o dà ragione.
La storia siamo noi,
siamo noi che scriviamo le lettere,
siamo noi che abbiamo tutto da vincere,
tutto da perdere.
E poi la gente, (perchè è la gente che fa la storia)
quando si tratta di scegliere e di andare,
te la ritrovi tutta con gli occhi aperti,
che sanno benissimo cosa fare.
Quelli che hanno letto milioni di libri
e quelli che non sanno nemmeno parlare,
ed è per questo che la storia dà i brividi,
perchè nessuno la può cambiare.
La storia siamo noi, siamo noi padri e figli,
siamo noi, bella ciao, partiamo.
La storia non ha nascondigli,
la storia non passa la mano.
La storia siamo noi, siamo noi questo piatto di grano.
Signore ho scelto di esserci, di essere storia, di non starmene in disparte a guardare, ma di lasciare il segno di questa mia esistenza.
Signore, ho scelto di volare.... ho scelto di vivere la mia vita puntando in alto.
Se alzo gli occhi però, spesso questo cielo sopra di me assume sembianze diverse: è difficile definire cosa sia l’alto... a volte ci sei tu, a volte ci sono solo io, a volte ci sono sogni difficili da rincorrere, a volte c’è una felicità a portata di mano, a volte modelli da imitare, a volte una confusa immagine di me, a volte....
L’unica cosa di cui sono certo è di aver scelto la libertà.
PRIMA PARTE
GESTO: in un cofanetto ci sono dei cioccolatini. Ogni ragazzo ne prende uno e lo mangia.
LIBERI DI…..…
Disse ancora: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane disse al padre: Padre, dammi la parte del patrimonio che mi spetta. E il padre divise tra loro le sostanze. Dopo non molti giorni, il figlio più giovane, raccolte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò le sue sostanze vivendo da dissoluto. Quando ebbe speso tutto, in quel paese venne una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube che mangiavano i porci, ma nessuno gliene dava.
Il figlio più giovane: un concentrato di simpatia, di ingegno, di intelligenza; ma anche di pigrizia, malavoglia, insolenza. Non faceva altro che chiedere: autonomia, indipendenza, libertà. Non aspetta la morte del padre - per lui il padre è già morto - e pretende la parte di eredità. Il padre acconsente ma non dà soltanto la parte dell’eredità al figlio che la richiede, ma divide tutto il suo patrimonio tra i due figli, quindi anche l’altro figlio che non aveva chiesto niente, da questo momento si trova in possesso di tutto il patrimonio famigliare. Così ebbe la sua parte. Ma poi? Poi sperimentò che l’invocata e la desiderata autonomia non si comprano con l’eredità e che il rischio di svenderle al mercato dell’usato è altissimo, soprattutto quando si perde coscienza di sè stessi e di ciò che si desidera veramente. Ciò che dà il valore alla persona – in quell’ambiente, ma anche nel nostro - è la quantità di denaro che ha. Fintanto che ha denaro è qualcuno, non avendo più denaro, non è più niente. Quindi disperdendo il denaro ha perso anche la sua identità, anche lui un nulla. Quando i soldi non ci sono più, non solo si ritrova a non aver niente, ma a non essere neanche niente.
Quel cioccolatino che abbiamo mangiato può avere il sapore di quell’eredità... la libertà che spesso cerchiamo è una richiesta continua di poter scegliere, decidere, senza bisogno di confronto, di riferimenti... ed ogni piccola conquista ci spinge a chiedere di più... Ci sentiamo soddisfatti, ma a lungo andare si rischia di fare indigestione... L’eredità, il cioccolato… apparentemente un accostamento così ardito! E invece? Tutte e due legate alla separazione da un affetto, a una mancanza, a un vuoto da riempire... pensiamo che quel cioccolato possa riempirci e invece finisce troppo presto! Così un cioccolatino tira l’altro... non ci si sazia con un cioccolatino. E il vuoto resta…
spazio personale (ciascuno può condividere con gli altri la propria richiesta di autonomia: basta una parola!)
Signore, questa sera vogliamo sentirci liberi di....
SECONDA PARTE
LIBERI DA…...
Allora rientrò in se stesso e disse: Quanti salariati in casa di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò e andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi garzoni. Partì e si incamminò verso suo padre. Quando era ancora lontano, suo padre lo vide e, commosso, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò.
Questo ragazzo, dall’inizio alla fine, ragiona soltanto in termini economici: dammi i miei soldi. Finisce i soldi, e adesso che è alla fame - e c’è per la prima volta il verbo morire - incomincia a ragionare stretto, non dal rimorso del dolore che ha causato al padre o alla propria famiglia, ma dai morsi della fame, e fa un piano lucido: “mi alzerò e ritornerò da mio padre e gli dirò: Padre ho peccato contro il cielo e contro di te non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Fa di me come uno dei tuoi salariati. E alzatosi andò da suo padre”. Quindi il giovane sta ragionando esclusivamente per il proprio tornaconto. Non gli manca il padre, gli manca il pane, e dice: «secondo la legge. non posso più essere trattato come un figlio perché ho perso ogni diritto, ma almeno mio padre mi accoglierà come un operaio, come un salariato». E quindi decide di andare dal padre. Il padre gli si fa incontro “correndo”. Nel mondo orientale, dove i tempi non sono i nostri, si vive molto più armonicamente e la fretta è considerato un gesto di grande disonore, di maleducazione un padre di famiglia non corre mai. Se una persona corre, significa che perde la propria reputazione. Qui il padre si mette a correre. Per restituire subito l’onore al figlio che l’aveva perso, il padre accetta di perdere il suo. Il figlio, col proprio comportamento, aveva disonorato il padre. Il padre, con il suo, gli restituisce l’onore quindi “il padre gli corre incontro”. E qui c’è un attimo di suspense. Se uno non sa il seguito della parabola “gli si gettò al collo e”- lo strozzò, come minimo. No! Ci aspetteremo…. Perché questa espressione “gli si gettò al collo”.. e invece non lo strozza, ma “ lo baciò”.
I pregiudizi, le paure, il sapere di certo come va a finire, il dare per scontato... tutto questo lentamente fa morire l’intelligenza, la sensibilità. In fin dei conti, forse è proprio questo che limita la nostra libertà; non le regole, non le persone, non il futuro, non ciò che siamo oggi, non i nostri errori ed il nostro passato... le paure e le maschere, il cercare sempre il nostro tornaconto a discapito di tutto e tutti: sono i nostri più grandi nemici. Sono loro che ci rendono schiavi di noi stessi e non liberi, schiavi del grigio e della paranoia, del tutto e subito, del non posso, non so, non voglio... sono loro che ci rendono servi e non figli, non fratelli
Spazio personale
Signore questa sera vogliamo sentirci liberi da....
TERZA PARTE
LIBERI PER…...
Il figlio gli disse: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Ma il padre disse ai servi: Presto, portate qui il vestito più bello e rivestitelo, mettetegli l’anello al dito e i calzari ai piedi. Portate il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato. E cominciarono a far festa.
Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò un servo e gli domandò che cosa fosse tutto ciò. Il servo gli rispose: È tornato tuo fratello e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo. Egli si arrabbiò, e non voleva entrare. Il padre allora uscì a pregarlo. Ma egli rispose a suo padre: Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai trasgredito un tuo comando, e tu non mi hai dato mai un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che questo tuo figlio, il quale ha divorato i tuoi averi con le prostitute, è tornato, per lui hai ammazzato il vitello grasso. Gli rispose il padre: Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato».
(Dal Vangelo di Luca 15, 11-32)
Il fratello maggiore: blu dalla rabbia! Pensava alle fatiche di ogni giorno, a ciò che aveva fatto per la famiglia e per suo padre. Obbedienza e senso del dovere diventano per lui la rinuncia di amici, divertimenti, libertà... Colui che rivendica, che si autocompiace della propria diligenza, rivela, prima di ogni altra cosa, una natura non libera, incapace di aperture e dunque di comprensione. Quello che limita la visione di chi vive protetto dalla buona condotta è l’impossibilità a comprendere la dualità dell’animo che oscilla tra bisogno di certezze forti ed il desiderio di sovvertire l’ordine. Senza questa comprensione la vita è limitata ad un dover essere (obbedienti, rispettosi, fedeli) e non libera di aderire spontaneamente ad un progetto d’amore che non contiene in sè alcuna forma di imposizione.
Quante volte anche a noi capita di fare scelte per il puro senso del dovere, per compiacere gli altri e per il desiderio malsano di essere considerati a tutti i costi “dei bravi ragazzi”. Il rischio è quello di non cominciare a camminare con le proprie gambe, a ragionare con la propria testa, ad assumersi la responsabilità delle proprie scelte. Il castello di carta che ci costruiamo rischia di volare via alla prima folata di vento, alla prima contraddizione, al primo confronto, alle prime insicurezze ed incertezze.
Il dilemma del figlio maggiore è duplice: accettare o rifiutare che l’amore del padre si spinga al di là di ogni confronto; avere il coraggio di essere amato come suo padre desidera o insistere nel voler essere amato come lui vorrebbe essere amato. La scelta spetta al figlio maggiore; il padre non può fare altro che attendere pazientemente come ha fatto con il figlio più giovane.
Spazio personale
Signore questa sera vogliamo sentirci liberi per....
Il padre fa un gesto pazzesco. L’anello, oggi potremo dire era la carta di credito, il libretto degli assegni della casa. Ebbene a questo figlio incapace, che in breve tempo ha dissipato tutto il suo patrimonio, il padre lo rimette nella dignità di prima e addirittura gli dà l’anello, cioè lo mette a capo dell’amministrazione della casa. Ma siamo matti? Un padre che si comporta così è pazzo: ma chi ci dice che la notte stessa, quando tutti dormono ormai ubriachi per la festa, il figlio ha la veste bella, quindi la dignità, ha in mano il sigillo dell’amministrazione della casa, scappa e la mattina dopo il padre si ritrova in mutande perché questo figlio gli ha preso tutto? E chi dice che di fronte a tutto questo amore il figlio non se la svigni la notte stessa? Può darsi! Ma questo è il rischio di un amore libero. Gesù vuol far comprendere che l’amore di Dio viene concesso anticipatamente e gratuitamente senza nessuna garanzia.
La libertà del figlio si concretizza nella sua testa quando sceglie di tornare a casa, quando accoglie, come dicevamo prima, questo amore senza imposizione, gratuito, donato.
Mettere l’anello al dito allora non ha il senso di ingabbiare, di rinchiudere, di privare della libertà, ma è il segno di un amore libero. Come una fede nuziale, il Signore ci chiede di indossare l’anello del suo amore che non ha confini, che non ha paure, che non ha limiti... che libera.
GESTO: mettere l’anello posto sotto l’altare. (canzone di sottofondo: RENATO ZERO, Mentre aspetto che ritorni)
PREGHIERA
O Signore, ti amo perché tu mi ami abbastanza da volermi libero
e per questa libertà, rischiando la tua gloria,
sei venuto da noi uomo senza potenza ma onnipotente d'Amore.
O Signore, ti amo perché questa spaventosa libertà che tanto ci fa soffrire
è la stessa meravigliosa libertà che ci permette di amare.
Allora, quando, piegati sotto la croce delle nostre giornate,
e talvolta cadendo,
quando, piangendo, gridando, davanti alla croce del mondo,
e talvolta urlando,
noi saremo tentati di bestemmiare, di fuggire,
o soltanto di sederci,
dacci la forza di rialzarci e di camminare ancora,
senza maledire la tua mano che si tende, ma non porta le nostre croci,
se noi stessi non le portiamo,
come Tu hai portato la tua.
Bibliografia: per approfondire…il nostro punto di partenza!
AZIONE CATTOLICA ITALIANA, Sperare infinito presente: guida educatori Giovanissimi, Roma 2006.
BELLO TONINO, Parole d'amore, Molfetta 1992.
MICHAEL QUOIST, O Signore, ti amo, in http://www.qumran2.net/s/ritagli/ritaglio_717.htm
MAGGI ALBERTO, La misericordia di Dio: commento al vangelo di Luca: 15, 11-31, in
http://www.studibiblici.it/conferenze.htm
TAMARO SUSANNA, Verso casa, Milano 2000.
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