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Celebrazione quaresimale Parrocchia Stella – Pasqua 2011
Non ci sia altro vanto che nella croce di Cristo
Primo Momento
In cappellina al buio con l’immagine illuminata di S. Paolo (Caravaggio – La conversione di San Paolo) e un cero acceso.
NELLE TENEBRE DI PAOLO
Paolo
I loro mantelli mi coprirono il volto: e fu allora che non vidi più nulla.
Udii le loro urla, ne avvertii la concitazione, la forza mortale della rabbia,
il sibilo violento delle pietre scagliate contro quell’innocente.
Poco prima il suo volto di luce e i suoi occhi penetranti,
avevano fissato il cielo per vedere quello che io non riuscivo a vedere.
Stefano mi aveva sconvolto la vita e annebbiato la vista del cuore.
La sua morte e il suo sangue, divennero come un’onda accecante
che travolse la mia esistenza che, da quel momento,
si votava alla persecuzione dei seguaci della Via, i cristiani.
Dovevano perire o finire in prigione,
quei folli discepoli dell’uomo crocifisso,
spacciatosi per Messia, Figlio del Dio altissimo.
Non tolleravo, io, formato nelle più rigide norme della legge,
quella nuova dottrina, dell’amore, del perdono, della misericordia.
Ebbe così inizio il mio viaggio nelle tenebre dell’odio. (cf At 7)
Tutti
La luce è spenta in noi,
e gli occhi del cuore non s’aprono alla grazia della vera luce.
Vaghiamo tra abissi di violenza, indifferenza, ed egoismo,
e come Paolo, anche noi siamo immersi nelle tenebre.
Vogliamo tornare a te, Signore.
Ci rivolgiamo a te per riaccendere la nostra luce.
1a voce
Signore,
riconosciamo di essere violenti.
Nelle nostre città, invase dalla paura,
non si rispetta più la vita degli altri
di chi ha idee diverse dalle nostre,
di chi ha il colore della pelle diverso dalla nostra.
Si è giunti a colpire la vita fin nel suo nascere
e a sopprimere quella ritenuta inutile.
Le guerre e le sopraffazioni non cessano di esistere.
Se pensiamo che siano solo gli altri ad essere violenti,
non ci accorgiamo che le nostre parole e i nostri gesti
sono capaci di offendere e di ferire mortalmente.
Signore, abbi pietà di noi.
Si canta il Kyrie Eleison
2a voce
Signore
riconosciamo la nostra indifferenza.
Viviamo senza curarci della creazione, tuo dono,
che deturpiamo senza pietà.
Non siamo più capaci di stupore
e meraviglia per i semi di bellezza e di bontà sparsi nel mondo.
Non ci stupisce più neanche il tuo Vangelo,
tanto siamo ciechi e sordi di fronte ai segni della tua presenza.
Ripiegati nel nostro individualismo,
siamo insensibili verso chi ci sta vicino:
non badiamo ai suoi problemi e ai suoi bisogni,
non ci curiamo dei suoi desideri,
ci basta solo sentirci a posto con la coscienza
credendo di non aver fatto del male a nessuno.
Signore, abbi pietà di noi.
Si canta il Kyrie Eleison
3a voce
Signore,
riconosciamo di essere egoisti,
vogliamo avere solo per noi,
vogliamo possedere cose e persone,
ed essere potenti e ricchi.
Ci interessa solo la logica del profitto,
il profumo del guadagno e del successo
e abbiamo dimenticato la fragranza della generosità e della gratuità.
Spesso le nostre porte sono chiuse a chi chiede comprensione e perdono,
e allontaniamo chi ci disturba perché anziano o ammalato.
Signore, abbi pietà di noi.
Si canta il Kyrie Eleison
Paolo
Ma all’apice della carriera di persecutore,
al colmo dei miei frementi desideri di vendetta,
sulla strada per Damasco,
piombò improvviso e mai provato, l’abisso del buio…
E fu allora che mi trovai di fronte alla Luce. (cf At 22, 3-16)
Gesto: ciascuno accende una candela dal cero e processionalmente si va al centro della chiesa accompagnati dal canto di un canone. Ognuno con la propria candela accende un lumino già predisposto per caratterizzare l’ambiente.
Secondo Momento
Al centro della chiesa davanti all’altare. Ci sono già dei lumini predisposti.
NELLA LUCE DI CRISTO
Cel. Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.
Tutti Amen
Cel. Sia benedetto Dio,
Padre del Signore nostro Gesù Cristo,
Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione;
il quale ci consola in ogni nostra tribolazione.
Tutti: Benedetto nei secoli il Signore.
Cel. Fratelli carissimi, Saulo, il persecutore, immerso nelle tenebre, al massimo dell’esperienza del limite, incontrò il Redentore. Egli si presentò a lui nel fulgore e nella potenza della voce. In questa veglia ,nei segni della luce, della Parola e della croce vogliamo, con Paolo, glorificare Dio per il dono della salvezza. Eleviamo ora il nostro elogio a Dio Padre e Creatore e accogliamo il dono della luce e della Parola.
Un voce maschile, fuori campo
Paolo All'improvviso una gran luce dal cielo sfolgorò attorno a me;
caddi a terra e sentii una voce… (cf At 22, 6)
Acclamazione al Vangelo
Gloria a Te, Parola vivente!
Verbo di Dio, gloria a te! Cristo Maestro, Cristo Signore!
Dal vangelo secondo Marco (10, 46-52)
Mentre Gesù partiva da Gerico insieme ai discepoli e a molta folla, il figlio di Timèo, Bartimèo, cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. Costui, al sentire che c'era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: "Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!". Molti lo sgridavano per farlo tacere, ma egli gridava più forte: "Figlio di Davide, abbi pietà di me!". Allora Gesù si fermò e disse: "Chiamatelo!". E chiamarono il cieco dicendogli: "Coraggio! Alzati, ti chiama!". Egli, gettato via il mantello, balzò in piedi e venne da Gesù. Allora Gesù gli disse: "Che vuoi che io ti faccia?". E il cieco a lui: "Rabbunì, che io riabbia la vista!". E Gesù gli disse: "Và, la tua fede ti ha salvato". E subito riacquistò la vista e prese a seguirlo per la strada.
Riflessione del celebrante
SALMO 27 (a cori alterni)
Il Signore è mia luce e mia salvezza,
di chi avrò paura?
Il Signore è difesa della mia vita,
di chi avrò timore?
Quando mi assalgono i malvagi
per straziarmi la carne,
sono essi, avversari e nemici,
a inciampare e cadere.
Se contro di me si accampa un esercito,
il mio cuore non teme;
se contro di me divampa la battaglia,
anche allora ho fiducia.
Una cosa ho chiesto al Signore,
questa sola io cerco
abitare nella casa del Signore
tutti i giorni della mia vita,
per gustare la dolcezza del Signore
ed ammirare il suo santuario.
Egli mi offre un luogo di rifugio
nel giorno della sventura.
Mi nasconde nel segreto della sua dimora,
mi solleva sulla rupe.
Ascolta, Signore, la mia voce.
Io grido: abbi pietà di me! Rispondimi.
Di te ha detto il mio cuore: "Cercate il suo volto";
il tuo volto, Signore, io cerco.
Non nascondermi il tuo volto,
non respingere con ira il tuo servo.
Sei tu il mio aiuto, non lasciarmi,
non abbandonarmi, Dio della mia salvezza.
Mio padre e mia madre mi hanno abbandonato,
ma il Signore mi ha raccolto.
Mostrami, Signore, la tua via,
guidami sul retto cammino,
a causa dei miei nemici.
Sono certo di contemplare la bontà del Signore
nella terra dei viventi.
Spera nel Signore, sii forte,
si rinfranchi il tuo cuore e spera nel Signore.
Terzo Momento
PREDICATORI DELLA CROCE DI CRISTO
Canto: Davanti a questo amore.
Gesto: durante il canto si porta la croce al centro dei lumini.
Lettore: Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi (1, 17-25)
Fratelli, Cristo infatti non mi ha mandato a battezzare, ma a predicare il vangelo; non però con un discorso sapiente, perché non venga resa vana la croce di Cristo. La parola della croce infatti è stoltezza per quelli che vanno in perdizione, ma per quelli che si salvano, per noi, è potenza di Dio. Sta scritto infatti:
Distruggerò la sapienza dei sapienti
e annullerò l’intelligenza degli intelligenti.
Dov’è il sapiente? Dov’è il dotto? Dove mai il sottile ragionatore di questo mondo? Non ha forse Dio dimostrato stolta la sapienza di questo mondo? Poiché, infatti, nel disegno sapiente di Dio il mondo, con tutta la sua sapienza, non ha conosciuto Dio, è piaciuto a Dio di salvare i credenti con la stoltezza della predicazione. E mentre i Giudei chiedono i miracoli e i Greci cercano la sapienza, noi predichiamo Cristo crocifisso, scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani; ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei che Greci, predichiamo Cristo potenza di Dio e sapienza di Dio. Perché ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini.
Per riflettere:
Alza lo sguardo a quella croce! (Mons. Domenico Sigalini)
La croce è quel simbolo, quel sogno, quell’ideale, quella prospettiva cui ogni uomo può guardare per avere salvezza, per poter avere forza di riscatto, per stringere i denti nel dolore, per contemplare non tanto la sofferenza che esprime, ma l’amore che vi è depositato nella persona del crocifisso. Avere un ideale ti aiuta molto a vivere, avere un sogno che lancia la tua immaginazione oltre le ingessature della realtà ti può far rischiare la fuga, ma spesso ti permette di nutrire progetti, visioni di mondo belle, catalizzare le forze su prospettive nuove. Non abbiamo bisogno solo di mangiare, di riempire la pancia, ma anche di bellezza, di ideali, di simboli che ci richiamano la grandezza della vita oltre ogni miseria in cui la nostra insensatezza l’ha costretta. Mi sono sempre domandato perché nelle catapecchie più squallide delle bidonville, nelle capanne più sperdute e povere della savana, nei tuguri più puzzolenti, dove manca acqua corrente, igiene e il necessario per una vita civile, non manchi mai l’antenna parabolica. Ci sono più antenne paraboliche in un villaggio sperduto che in un paese cosiddetto civile. Proprio perché l’uomo ha bisogno di sogni, di allargare gli orizzonti. Rinuncia anche a qualche pasto pur di poter avere un segno di riscatto, una prospettiva di futuro. Solo che le TV vendono solo se stesse e non costruiscono spesso vera speranza. Così è stato per gli ebrei nel deserto. Mosè aveva levato un serpente su un palo, chi lo guardava guariva dai morsi dei serpenti che avevano invaso il loro accampamento. E’ una immagine ardita, ma usata dal vangelo, di Gesù sulla croce. La croce è quel simbolo, quel sogno, quell’ideale, quella prospettiva cui ogni uomo può guardare per avere salvezza, per poter avere forza di riscatto, per stringere i denti nel dolore, per contemplare non tanto la sofferenza che esprime, ma l’amore che vi è depositato nella persona del crocifisso. Lì l’uomo, noi nelle nostre pene quotidiane, troviamo avverata la promessa di Dio, guardando a quella croce vediamo realizzata la volontà di amore di Dio che ha tanto amato il mondo da dare il suo Unigenito figlio. Lì Dio si è compromesso fino all’estremo per noi. Lì c’è l’immagine della morte, ma c’è anche la certezza della vita. Fosse meno un ornamento e più un ideale quel crocifisso che portiamo al collo, che seminiamo nei nostri luoghi di vita comune, avremmo forse più coraggio nell’affrontare la vita, sicuramente molto di più che a guardarci nello specchio. Lo specchio ci può dare compiacimento o delusione, la croce invece è sempre una speranza.
Gesto: una persona per volta può mettersi davanti alla croce e fare quello si sente (inginocchiarsi, abbracciarla, darle un bacio…). Se vuole può anche esprimere un pensiero sulla croce da condividere con gli altri.
Preghiera conclusiva (insieme)
Nelle tue mani, o Dio
(John Kennedy)
Mi abbandono, o Dio, nelle tue mani.
Gira e rigira quest'argilla,
come creta nelle mani del vasaio.
Dalle una forma e poi spezzala, se vuoi.
Domanda, ordina, cosa vuoi che io faccia?
Innalzato, umiliato, perseguitato,
incompreso, calunniato, sconsolato,
sofferente, inutile a tutto,
non mi resta che dire,
sull'esempio della tua Madre:
«Sia fatto di me secondo la tua parola».
Dammi l'amore per eccellenza,
l'amore della croce,
ma non delle croci eroiche
che potrebbero nutrire l'amor proprio,
ma di quelle croci volgari,
che purtroppo porto con ripugnanza...
Di quelle croci che si incontrano
ogni giorno nella contraddizione,
nell'insuccesso, nei falsi giudizi,
nella freddezza, nel rifiuto
e nel disprezzo degli altri,
nel malessere e nei difetti del corpo,
nelle tenebre della mente
e nel silenzio e aridità del cuore.
Allora solamente Tu saprai che Ti amo,
anche se non lo saprò io,
ma questo mi basta.
Benedizione e canto finale