03 gennaio 2025 ore 10.24
Vita di AC
Sono centrato? Lavoro, posto nel mondo - 10/01/2024 ore 21,00 - Salone Parrocchiale di Stella
Don Bernardo Domizi
03 gennaio 2025
ore 10.24

Sono centrato? Lavoro, posto nel mondo - 10/01/2024 ore 21,00 - Salone Parrocchiale di Stella - foto evento

 - A cura dell'Azione Cattolica di Stella - Note perBene, parole e musica per parlare di lavoro -
 - Interviene P. Natale Brescianini Monaco Benedettino, formatore aziendale

 - Musica dal vivo

Stella di Monsampolo, la presidente di Azione Cattolica Emanuela Spurio presenta l’appuntamento con padre Brescianini

MONSAMPOLO DEL TRONTO – Si terrà Venerdì 10 Gennaio 2025, alle ore 21:00, presso il salone parrocchiale di Stella di Monsampolo, l’incontro dal titolo “Sono centrato? Lavoro, posto nel mondo”, organizzato dall’Azione Cattolica della parrocchia Santa Maria Madre della Chiesa. Durante la serata, che sarà allietata anche da musica dal vivo, interverrà padre Natale Brescianini, monaco benedettino e formatore aziendale. L’appuntamento, che rientra all’interno dell’iniziativa “Note per bene“, sarà gratuito ed aperto a tutti.

Emanuela Spurio, presidente dell’Azione Cattolica locale, dichiara: «Abbiamo pensato di iniziare il nuovo anno parlando di lavoro, sia perché è un tema caldo che interessa tutta la società, sia perché vorremmo che ognuno trovasse la propria strada nel mondo e potesse partecipare alla costruzione del bene comune mediante il proprio lavoro, come più volte auspicato da papa Francesco».

«L’iniziativa affonda le sue radici in tempi lontani – spiega la presidente Spurio –: circa dieci anni fa si pensò di organizzare due incontri di riflessione all’anno, ciascuno su un tema d’interesse. Poi, a causa della pandemia, abbiamo prima rallentato e infine ci siamo fermati del tutto. Oggi, dopo cinque anni, si è ricomposto un piccolo gruppo all’interno della parrocchia che è riuscito a rianimare l’iniziativa e a rinnovarla. Le novità principali sono due. Prima di tutto abbiamo unito la musica alla parola.

Natale Brescianini

Life Coach

 
 

Nasco in provincia di Brescia nel 1971.

Frequento le Scuole Medie, il Liceo Classico (Maturità nel 1990) e la Teologia presso il Seminario diocesano di Brescia (1990-1996).

Nel 1996 entro nella Comunità Benedettina Camaldolese presso l’Eremo di San Giorgio a Bardolino (VR). Dal 1998 al 2001 frequento il Pontificio Istituto Sant’Anselmo (Roma), dove ottengo la Licenza in Teologia, Specializzazione Studi Monastici. Emetto la professione monastica solenne nel 2003.

Completa la formazione trascorrendo un anno (2003-2004) nel Monastero Camaldolese a Berkeley (California – USA), e successivamente lavorando come impiegato in un’Azienda veronese (2004-2006).

 

Dal 2006 sono impegnato nella realizzazione dei percorsi formativi che si rifanno alla Regola di San Benedetto e come co-docente in attività formative presso Aziende e Enti.

Dal luglio 2007 vivo presso l’Eremo di Monte Giove (Fano PU – www.eremomontegiove.it) e nel Dicembre 2008 vengo ordinato presbitero. Dal 2007 al 2014 ho svolto il servizio di Priore della Comunità monastica.

 

Sono Coach con credenziale ACC di ICF.

 

“Ora et Lege et Labora”… ‘Prega e Studia e Lavora!

La spiritualità dona il senso, lo studio dona profondità, il lavoro dona concretezza!
Un pensiero che non diventa azione è sterile, ma un’azione senza pensiero è priva di senso.

 

FOTO Stella di Monsampolo, grande partecipazione all’incontro con padre Natale Brescianini

L'Ancora

13 Gennaio 2025

MONSAMPOLO DEL TRONTO – Quali siano le due dimensioni principali del lavoro; quando un lavoro possa definirsi giusto e decente; in che maniera il lavoro sia un luogo educativo, politico e teologico; perché sia preferibile promuovere il bene comune anziché il bene totale; quanto sia auspicabile ed efficace sostituire la competizione con la collaborazione; quale sia l’incidenza delle relazioni generative nell’economia; come tenere conto delle connessioni tra il lavoro e tutto ciò che ci circonda; cosa significhi sviluppare un’economia integrale che superi l’economia classica basata sul movente utilitaristico; quale sia il senso del lavoro.
Sono queste alcune delle riflessioni più importanti emerse durante l’incontro con padre Natale Bresciani, monaco benedettino e formatore aziendale, che è stato ospite della parrocchia Maria Santissima Madre della Chiesa in Stella di Monsampolo, lo scorso Venerdì 10 Gennaio, alle ore 21:00.
L’appuntamento, dal titolo “Sono centrato? Lavoro, posto nel mondo”, rientra nell’ambito dell’iniziativa “Note per bene“ organizzata dall’Azione Cattolica parrocchiale ed ha visto protagonista anche la musica: Marco Sabatini alle tastiere, Claudio Bernardo Carini al basso, Paolo Pizzingrilli alla chitarra e la potente voce di Silvia Palermi hanno infatti dato ritmo alla serata con musica e canto dal vivo, intrattenendo piacevolmente tutti i presenti.

L’evento, che è stato moderato dall’ottima Sara Leonetti, ha registrato la partecipazione di illustri convenuti: il vescovo delle due Diocesi del Piceno, mons. Gianpiero Palmieri; il parroco don Andrea Tanchi; il presidente dell’Azione Cattolica della Diocesi di Ascoli Piceno, Mauro Alessandrini; i segretari del MLAC (Movimento Lavoratori di Azione Cattolica) della Diocesi di San Benedetto del Tronto – Ripatransone – Montalto, Andrea Persiani e Teresa Nicolina Di Buò; la presidente dell’Azione Cattolica della parrocchia ospitante, Emanuela Spurio; alcuni direttori degli Uffici Pastorali di entrambe le Diocesi del Piceno; sacerdoti, diaconi, lavoratori e anche molti giovani, segno che l’argomento trattato ha suscitato l’interesse di persone appartenenti a tutte le diverse fasce di età. Presente anche il primo cittadino di Monsampolo del Tronto, nonché associato AC, Massimo Narcisi.

Il contributo di ogni persona alla costruzione del bene comune

A rompere il ghiaccio è stata la presidente Emanuela Spurio, la quale, dopo aver salutato il pubblico presente, ha spiegato le novità di questo nuovo ciclo di appuntamenti: non più solo “parole per bene“, ma anche “musica per bene“, quindi gli incontri non ospiteranno più solo relatori illustri, ma anche una band che farà musica dal vivo, interpretando brani famosi inerenti l’argomento trattato. Spurio ha poi affermato: «Abbiamo pensato di parlare di lavoro, ma non in un’ottica utilitaristica ed economica, come si fa abitualmente, bensì come segno concreto della possibilità, che viene affidata ad ogni cittadino, di contribuire alla costruzione della società, mettendo a frutto la sua unicità e la sua vocazione. Attraverso il lavoro, infatti, qualsiasi esso sia, ogni uomo e ogni donna contribuiscono a curare una dimensione – per quanto piccola – del bene comune. In questo modo appare più chiaro come il lavoro possa diventare strumento di realizzazione della persona».

Il senso del lavoro

La parola è passata poi alla moderatrice Sara Leonetti, la quale, dopo aver riassunto brevemente il lungo curriculum di Brescianini, ha presentato l’illustre relatore con queste parole: «Voglio introdurre il nostro ospite, citando una sua frase:

La spiritualità dona il senso, lo studio dona profondità, il lavoro dona concretezza.
Un pensiero che non diventa azione è sterile, ma un’azione senza pensiero è priva di senso“.

Il tema del lavoro presenta molteplici sfaccettature. Noi abbiamo invitato padre Natale per parlare di lavoro, collegandolo alla persona, provando a capire cosa sia il lavoro non dal punto di vista sociale, economico o tecnologico, bensì dal senso che il lavoro oggi assume per una persona».

L’incontro è entrato quindi nel vivo con l’intervento di padre Natale Brescianini: «Mi fa molto piacere rispondere a questa domanda che ormai è divenuta fondamentale. In questi ultimi anni, infatti, insieme ai giovani e all’intelligenza artificiale, il senso del lavoro è uno dei tre temi principali che interessano alle aziende.
Secondo quanto sostenuto dalla Dottrina Sociale della Chiesa, da alcune Encicliche sull’argomento, il lavoro ha due dimensioni.
La prima è la dimensione acquisitiva: il lavoro ci dà un potere di acquisto: noi, con il denaro dello stipendio, possiamo acquistare beni. Quando questo avviene, quando cioè ci viene dato questo potere di acquisto, possiamo parlare di “lavoro giusto“, un’espressione coniata da papa Leone XIII, a seguito della Rivoluzione Industriale, nell’ Enciclica “Rerum Novarum” del 1891.
Negli Anni Novanta si è scoperto che il lavoro deve avere anche una dimensione espressiva, cioè io nel lavoro devo esprimere me stesso, quello che io sono in quanto persona. Abbiamo allora iniziato a parlare di “lavoro decente”, una definizione inventata da papa Giovanni Paolo II nell’Enciclica “Centesimus annus“, scritta nel 1991, nel centesimo anniversario della “Rerum Novarum“.
Il lavoro ha senso quando è sia giusto sia decente, quando cioè tiene insieme entrambe queste due dimensioni o quando almeno riesce ad unire la motivazione e la vocazione al lavoro».

Il formatore ha poi mostrato un grafico esplicativo di come, a seconda della presenza o meno di queste due dimensioni, un lavoro possa risultare alienante (giusto, ma non decente), schiavizzante (né giusto né decente), sfruttante (decente, ma non giusto), felicitante (sia giusto sia decente): «Che nella vita ci sia un lavoro che risulti sempre ed in ogni momento felicitante, non è possibile. Però è chiaro che, se ogni giorno, perennemente, ci sentiamo in uno degli altri quadranti, è necessario riflettere su ciò che stiamo facendo».

« Nel mio lavoro di coach, ho incontrato colleghi che mi hanno raccontato di grandi manager pagati benissimo, ma che non dormono, hanno la pressione alta, la gastrite e prendono farmaci – ha continuato il monaco benedettino -. In quei casi il corpo ti sta dicendo che, anche se sei un manager super-mega-galattico e prendi un sacco di soldi, tu con quel lavoro non c’entri niente. Quel lavoro non ha niente a che fare con quello che tu sei. Il lavoro alienante alla lunga ti fa ammalare. Un lavoro né giusto né decente, invece, porta alla schiavitù. E non pensate che la schiavitù sia un affare di altre epoche, perché purtroppo esiste anche oggi. Ma anche un lavoro che esprime me stesso, può risultare sfruttante, se non è giustamente retribuito. È quello che spesso accade nel Terzo Settore, nell’ambito di un’economia non profit. Non profit non significa che non debba generare profitto: il profitto è sempre da fare, altrimenti, se così non fosse, qualsiasi attività fallirebbe! La differenza è nella destinazione dei guadagni: nell’economia profit l’imprenditore, il titolare, gli azionisti possono spendere il profitto come vogliono; nell’economia non profit il profitto deve essere reinvestito all’interno dell’associazione. Oggi questi due mondi dell’economia sono chiamati a dialogare». Padre Brescianini ha citato, come esempio virtuoso di questa alleanza tra i due mondi dell’economia, la collaborazione fruttuosa tra la Maserati e la Caritas di Modena, due realtà che apparentemente non c’entrano niente l’una con l’altra, ma che hanno messo in campo ciascuno le proprie risorse: la Caritas le risorse umane, mentre la Maserati le risorse economiche».

Ha proseguito padre Brescianini: «Se noi diamo un senso nuovo al lavoro, è chiaro che non tutte le attività possano essere considerate lavoro. Non basta il fatto che crei occupazione: anche la criminalità organizzata crea tanta occupazione, tanta ricchezza! In cosa risiede allora il senso del lavoro? La mia generazione al mondo del lavoro chiedeva due semplici cose: uno stipendio e la possibilità di imparare un mestiere. Basta! Perché la dimensione di senso la trovava altrove. Oggi, quel mondo è saltato. Di recente il cantante Ultimo, che ha 28 anni, in un’intervista ha detto di non conoscere coetanei che vadano a Messa o a votare. La Chiesa e la politica non sono più agenzie educative di riferimento. Oggi i giovani chiedono al lavoro delle cose in più che a noi non interessavano e che invece per le nuove generazioni sono importanti. Quali? Secondo la Dottrina Sociale della Chiesa, il lavoro, per essere considerato tale, deve essere libero (non solo nel senso che non deve essere schiavizzante, ma che deve liberare le nostre migliori energie), creativo (cioè deve rispondere a quello che il mondo porta avanti oggi, intercettando i segnali nuovi e facendo innovazione sociale), partecipativo (nel senso che deve essere improntato alla collaborazione) e solidale (in quanto deve servire anche per darsi una mano, non farsi le scarpe l’un l’altro, bensì per camminare insieme). Dunque, affinché non ci sia solo uno scambio di prestazioni, bensì un’attività che conduca allo sviluppo della persona, il lavoro deve essere un luogo educativo, politico e teologico».

 

Il lavoro, luogo educativo

Il monaco benedettino poi, spiegando per quale ragione il lavoro sia da considerare un luogo educativo, ha messo a confronto l’economia classica e quella attuale. Nell’economia classica, in cui è centrale il movente utilitaristico, per raggiungere il profitto sono necessari due strumenti: la competizione sfrenata per ottenere il massimo guadagno e l’autorità per gestire le relazioni. Questa formula funziona: per 250 anni, infatti, è stata un successo e ha tenuto in piedi tutto il sistema industriale. «Oggi, invece, sta cedendo il passo ad un altro tipo di economia – ha precisato Brescianini – un’economia che possiamo definire integrale o civile, nel senso che si occupa della civitas, dei cittadini. Un’economia è civile, non solo quando si occupa dei beni prodotti o dei servizi erogati, ma quando è a servizio delle persone. E noi, persone, siamo mossi dalla ricerca di relazioni generative. Negli ultimi 17 anni ho avuto a che fare con aziende dai 10 ai 24000 dipendenti e, nella maggior parte dei casi, i problemi sono sempre di tipo relazionale. Noi siamo nati per collaborare, non per competere. Anche biologicamente. I nostri organi, ogni giorno, fanno ciascuno la propria parte, per far funzionare bene tutto il corpo. Affinché le relazioni siano improntate alla collaborazione, è necessario che ci sia uno stile autorevole e non autoritario» .

Il lavoro, luogo politico

Dietro ogni prodotto creato o servizio erogato, c’è un’idea di essere umano e di mondo che vogliamo costruire. È chiaro che un lavoro debba rappresentare un giusto equilibrio tra motivazione e vocazione, ma – ha sottolineato Brescianini – «nell’espressione usata, la parola più importante è la congiunzione “e”, in quanto entrambe le dimensioni sono importanti: un lavoro deve rispondere sia ai bisogni sia ai desideri di una persona».
Per spiegare meglio il concetto, il formatore ha fatto ricorso ad una storia. A tre persone che lavorano in un cantiere e che stanno compiendo la stessa azione, ovvero mettere un mattone sopra all’altro, un passante chiede cosa stiano facendo. Il primo dei tre, un po’ scocciato, risponde che sta assemblando mattoni. Il secondo gli dice che sta costruendo un muro per guadagnarsi da vivere e mantenere la famiglia. Il terzo gli risponde che sta contribuendo alla costruzione di una cattedrale. «Pur compiendo tutti e tre la stessa azione – ha chiosato Brescianini –, con molta probabilità, l’ultimo dei tre, quando tornerà a casa, pur stanco, sarà contento, perché il suo gesto concreto è inserito in una visione di mondo, di prospettiva più ampia. Oggi nelle aziende è importante recuperare questa dimensione che guardi al di là del mero profitto».

Il lavoro, luogo teologico

Il lavoro è anche un luogo teologico, cioè da vivere come una liturgia eucaristica: il lavoro è dunque uno strumento per rendere grazie a Dio. «Se il mondo del lavoro viene visto così, il Lunedì non è più un giorno sfigato – ha detto Brescianini –, perché ruba tempo e spazio alle cose della mia vita, quelle che faccio nel week-end o durante le ferie. Molte persone, infatti, vivono i giorni feriali come una lunga attesa per poi vivere la vera vita nel week-end. È come buttarsi in piscina e stare in apnea dal Lunedì al Venerdì pomeriggio, per poi tornare a respirare dal Venerdì sera in poi. Per noi cristiani, invece, la settimana inizia dalla Domenica, giorno in cui ricarichiamo le pile per affrontare tutta la settimana, tutta la vita. In quest’ottica,

andare a Messa la Domenica dice che siamo cristiani credenti;
lavorare bene nella settimana dice che siamo cristiani credibili».

Quali sono le priorità? Suggerimenti pratici

Per concludere padre Brescianini ha spiegato la differenza tra il bene totale ed il bene comune, sottolineando l’importanza di perseguire il bene comune per poter essere felici tutti, cioè per rispondere ai bisogni e ai desideri di ognuno: «Per spiegare la differenza tra il bene totale e il bene comune, possiamo utilizzare la matematica. Il bene totale è paragonabile ad una somma; il bene comune ad una moltiplicazione. A parità di risorse, il risultato cambia, perché cambia la relazione tra di esse. In una logica di bene totale, se qualcosa va a zero, posso anche dire “Chi se ne importa!“, perché, anche se ho uno zero, nella somma qualcosa mi porto a casa. In una logica di bene comune, invece, non posso permettermi che qualcosa vada a zero, perché mi si azzera tutto il risultato. In una logica di bene totale, perciò, io posso anche interessarmi solo del risultato, non mi importa di come lo ottengo. In una logica del bene comune, invece, non posso guardare solo al risultato, bensì devo prendermi cura del processo, della relazione tra i fattori e di ogni singolo fattore. Se ci fate caso, puntando al bene comune, il risultato è molto più grande. Ma, per arrivarci, ci vuole molta più cura. Le aziende virtuose oggi sono quelle che guardano al bene comune, tenendo insieme tre dimensioni fondamentali, che in inglese si riassumono nelle tre “P”: profit, people, planet. In una logica di bene totale, basta un’organizzazione efficiente. In una logica di bene comune – come diceva Olivetti – occorre una comunità organizzata, che sa guardare nel profondo e sa tenere insieme tutte le dimensioni del lavoro».

L’augurio ad essere giardinieri e non minatori

Gli argomenti trattati hanno coinvolto molto i presenti, i quali sono intervenuti con diverse domande, raccolte da Andrea Vallorani. Al termine della serata padre Brescianini ha concluso con un augurio ad essere non tanto persone estrattive, quanto persone generative: «Una persona estrattiva è come un minatore, che tira fuori dalla miniera le pietre preziose e lascia dietro solo desolazione e vuoto. Una persona generativa è come un giardiniere che raccoglie dal giardino fiori e frutti, ma lascia il terreno ancora fertile. Il giardino in cui il Signore ci ha messo è proprio la nostra realtà. Chiedo perciò a ciascuno di essere un po’ meno minatore e un po’ più giardiniere!».

Le dichiarazioni dei presenti

Mons. Gianpiero Palmieri, vescovo:
«Da tempo, come Diocesi e quindi anche con l’Azione Cattolica diocesana, ragioniamo sulla spiritualità del lavoro. Insieme ad un amico che è del territorio, Luigino Bruni, abbiamo fatto tante iniziative. La presenza di Brescianini, quindi, è stata una grande occasione per proseguire una riflessione già in atto e di cui c’è tanto bisogno. La tradizione monastica, di cui padre Natale è un nobile esempio, è una testimonianza di quanta fecondità ci sia in questo incrocio tra mondo imprenditoriale e spiritualità profonda».

Don Andrea Tanchi, parroco:
«Ringrazio padre Natale per averci regalato una bellissima serata. Uno degli spunti di riflessione che più mi è piaciuto è stato il passaggio in cui ha spiegato che il lavoro ha i suoi riti, che diventano generativi quando sono frutto di un progetto per il bene comune. E allora la più bella definizione di rito è quella tratta da “Il piccolo principe” di Antoine de Saint-Exupéry, secondo la quale il rito è quello che rende ogni giorno diverso dall’altro. Quando il lavoro è generativo, riesce a far sì che ogni giorno diventi diverso, quindi capace di vincere l’antica tentazione, o meglio, il peccato originale riassunto dalla frase “time is money! (n.d.r. il tempo è denaro)“».

Massimo Narcisi, sindaco:
«È stata una serata piacevole e ricca di spunti di riflessione. Una di quelle serate che bisogna ripetere, perché suscitano interrogativi profondi. Oggi spesso le domande le facciamo a Google o all’intelligenza artificiale. L’invito che viene fuori da questo incontro, invece, è a porci noi stessi delle domande, o meglio, a farci le domande giuste, per poi avere le risposte giuste per affrontare la complessità del momento. Incontri come quello di stasera, che ci ha mostrato un punto di riflessione sul mondo del lavoro molto differente rispetto a quelli a cui siamo abituati, aiutano a stimolare la riflessione, l’intelligenza e la fantasia su temi attuali ed importanti. Mi complimento con l’Azione Cattolica parrocchiale e con il gruppo di “Note per bene“, che stanno portando avanti questa iniziativa, e auspico che in ogni comunità si possa iniziare questo percorso di ragionamento, crescita e confronto».

Giulia Raimondi, una giovane della comunità:
«Le due considerazioni che più mi hanno colpito, nonostante io non lavori, sono i due confronti: quello tra il bene comune e il bene totale e quello riguardante le due diverse nature del lavoratore.
Vedere il bene comune come una moltiplicazione, mi ha portato a prestare particolare attenzione ai vari zeri che si possono creare a causa di diverse situazioni e a contraddire il pensiero che si possa sacrificare qualcosa (o qualcuno) in vista di un qualcosa di più grande.
La doppia natura del lavoratore invece mi ha fatto riflettere sui vari bisogni della società: da una parte un lavoratore “estrattivo” che, come un minatore, punta a trarre il più possibile dall’ambiente che vive, ma senza curarsi troppo del futuro; dall’altra, al contrario, il lavoratore “generativo” che, come un giardiniere, pensa forse più a tutelare l’ambiente per il futuro che non a trarne il massimo subito. Occorre quindi essere maggiormente giardinieri e puntare in questa direzione nella formazione delle nuove figure professionali».