21 dicembre 2007 ore 00.25
Veglia di preghiera per l'avvento - AC di Stella
21 dicembre 2007
ore 00.25
ore 00.25
Azione Cattolica Italiana - Parrocchia di Stella
VEGLIA DI PREGHIERA PER L’AVVENTO
PREGHIERA INIZIALE
1 In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. 2 Egli era in principio presso Dio 3 tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste. 4 In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; 5 la luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta. 6 Venne un uomo mandato da Dio e il suo nome era Giovanni. 7 Egli venne come testimone per rendere testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. 8 Egli non era la luce, ma doveva render testimonianza alla luce. 9 Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. 10 Egli era nel mondo, e il mondo fu fatto per mezzo di lui, eppure il mondo non lo riconobbe. 11 Venne fra la sua gente, ma i suoi non l’hanno accolto. 12 A quanti però l’hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio a quelli che credono nel suo nome, 13 i quali non da sangue, né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati. 14 E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi vedemmo la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità. 15 Giovanni gli rende testimonianza e grida “Ecco l’uomo di cui io dissi Colui che viene dopo di me mi è passato avanti, perché era prima di me”. 16 Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto e grazia su grazia. 17 Perché la legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo. 18 Dio nessuno l’ha mai visto proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato.
L’AVVENTO
Occorre prendere coscienza, con sincerità, che l’uomo non ha in suo potere la vita. Nessun uomo sceglie volontariamente per la sua vita o la sua morte. Tutto ci viene dato. Siamo totalmente di qualcos’altro o meglio di qualcun altro. Siamo alla mercè dell’onnipotenza del Mistero che fa tutte le cose. Atteggiamento proprio dell’uomo è quindi una attesa. L’attesa infatti è il luogo di chi ha bisogno, di chi aspetta, di chi stende la mano e chiede. Non c’è niente di più vero per l’uomo che accorgersi della sua povertà, del suo non possedere nulla. L’uomo si costituisce nelle scelte, è infinita possibilità di scelta, ma è vero anche che c’è una scelta che nega tutte le altre, cioè la morte. L’uomo dunque non può fare a meno della domanda fondamentale sulla sua vita, cioè la domanda sulla fine. L’avvento è un tempo privilegiato per porsi continuamente la domanda sulla fine proprio perché si fa memoria dell’inizio di tutte le cose, si fa memoria di una nascita. L’inizio è gravido della fine perché solo cosi accende realmente un cammino, altrimenti non è neanche un inizio, è niente. Ora questo inizio si chiama ISTANTE. Al di fuori di questo termine non esiste nulla, solo i nostri risentimenti, i nostri ricordi aridi, infecondi o progetti inconsistenti, solo sogni. Rimane soltanto l’istante perché è nell’istante che siamo, che viviamo, che le cose ci sono per noi. L’istante è come l’avvento perché si attende un compimento che ancora non c’è. La parola più amica dell’istante è avvento. Il sentimento che domina l’istante è l’attesa. Una vita pienamente umana è una vita vissuta nella donazione all’istante, un amore continuo all’istante, un riconoscimento della preziosità dell’istante. O siamo vivi in ogni istante umano o non viviamo pienamente. Parliamo di ogni istante: di noi che con sacrificio torniamo alle lezioni universitarie il lunedì mattina, di noi che con sofferenza lasciamo i figli per andare a lavoro, di noi che ci arrabbiamo, di noi che spesso siamo stanchi, di noi che amiamo un ragazzo o una ragazza fino a rinnegare noi stessi, ciò che siamo, di noi che con fatica ci alziamo al mattino. L’istante è dunque la coscienza della fine o meglio la coscienza DEL FINE, perché la fine è IL FINE. Il frutto della vita è Cristo, perché tutto quello che facciamo ha il solo scopo di realizzare Cristo. Per vivere l’istante occorre accoglierlo, e ascoltarlo. Accogliere una cosa che non è nostra per obbedienza. Nell’istante l’uomo obbedisce a Dio perché abbraccia ciò che attende. Nell’istante l’uomo aderisce a ciò che avverrà. Occorre vivere l’istante con la coscienza del fine che è Cristo. Vivere l’istante è vivere Cristo in ogni momento. L’istante dunque costruisce l’eterno. L’avvento è il periodo migliore per imparare il valore di ogni istante perché sentiamo più forte la vicinanza del fine. Il Signore viene a Natale istante supremo dell’umanità.
NATALE: ACCOGLIENZA E ASCOLTO Lettura brano Marta e Maria Lc 10, 38-42
38 Mentre erano in cammino, entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo accolse nella sua casa. 39 Essa aveva una sorella, di nome Maria, la quale, sedutasi ai piedi di Gesù, ascoltava la sua parola; 40 Marta invece era tutta presa dai molti servizi. Pertanto, fattasi avanti, disse “Signore, non ti curi che mia sorella mi ha lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti”. 41 Ma Gesù le rispose “Marta, Marta, tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose, 42 ma una sola è la cosa di cui c’è bisogno. Maria si è scelta la parte migliore, che non le sarà tolta”.
Dunque non basta accogliere, occorre anche porgere l’attenzione, ascoltare ciò di cui c’è bisogno. Il sapere accogliere e ascoltare è stata la caratteristica essenziale di Giuseppe e Maria. Il tempo di avvento ci deve preparare a questo. Dobbiamo prepararci ad accogliere e saper ascoltare Gesù che viene.
Visione del video “Giuseppe e Maria”
Giuseppe di Nazareth e Maria sono gli uomini giusti, perché totalmente “vivono di fede”. Sono dunque santi, perché la loro fede è veramente eroica. Nonostante tutto la Sacra Scrittura parla pochissimo di loro. Di Giuseppe non si registra nemmeno una parola, mentre poche sono le espressioni di Maria. Dunque possono essere considerati uomini del silenzio e quindi dell‘ascolto. Anche senza molte parole, loro dimostrano la profondità della loro fede, la grandezza del loro spirito perché ascoltano e sono attenti alle parole che Dio rivolge loro. Ascoltano nell’umile silenzio. Il loro cuore persevera incessantemente nella prontezza ad accettare la Verità racchiusa nella parola del Dio vivente per accoglierla e compierla con amore. Noi sappiamo ascoltare la Parola di Dio? Sappiamo fare silenzio per fare spazio alla voce di Dio? Apriamo davanti al Verbo la nostra coscienza oppure ci fermiamo soltanto alla curiosità superficiale? Sappiamo accogliere il disegno di Dio nel profondo dell’anima, con prontezza e umiltà? Come Giuseppe non dobbiamo temere di prendere con noi Maria. Come Maria non dobbiamo temere di aprire il cuore a Gesù che viene. Allora il nostro vivere sarà veramente umano, infatti, solo il Dio Uomo può fare il nostro mondo pienamente umano.
Visione del video “Cosa può cambiare”
Qualcuno è venuto da noi per dirci che valiamo. Parliamo di un fatto eccezionale che se ci toccasse almeno per una volta, tutta la nostra vita cambierebbe. La perdita della speranza e la mancanza d’amore è una condizione che ci tocca spesso, che tocca la realtà umana. A salvarci da questa condizione arriva il Natale. Occorre ripulire il Natale dai molti addobbi sentimentali. Dobbiamo chiarirci cos’è il Natale. In fondo è la medicina per cui noi da uomini che hanno perduto la speranza di vita, che non significa desiderio di suicidio, ma uomini che vivono giornate tutte uguali, noiose, tediose, pesanti. Questa è la morte. Quando non chiediamo alla vita più niente e questo ci succede spesso. Se siamo leali e sinceri con noi stessi riconosciamo che questo ci succede. Il Natale viene per ribaltare questo giudizio. L’incontro con Gesù fa scoprire all’uomo che ha un cuore. Incontrare Gesù Cristo significa scoprire che abbiamo delle esigenze, delle aspirazioni, noi siamo fatti per il tutto, per l’infinito. La nostra natura è questa e dobbiamo prenderne coscienza. L’esperienza della carità ci risveglia a questo. Nel dare che si riceve la felicità. Il problema è che noi abbiamo paura ad uscire da noi stessi. Siamo disposti a subire l’esperienza bruciante di un rifiuto? Siamo disposti a dire si anche senza capirne totalmente il senso? Ogni volta dunque siamo chiamati a dire si o no. Ora nell’esperienza del si ci è dato subito un di più senza averlo chiesto. E’ più grande e vero dire si. La vita è bella quando è consumata. Paul Claudel: “Ma forse che il fine della vita è vivere? No il fine della vita è morire e dare la vita con gioia“. Morire non significa suicidarsi, ma consumarsi per. Ora questo è un paradosso perché consumarsi è sacrificio. Essere felice significa starci sempre e comunque.
La nostra vita è fatta per questo, per essere consumata, spesa per gli altri. Il rischio altrimenti è fare della nostra vita un museo impolverato. La mentalità odierna ci ha abituati a vivere in tutt’altra maniera. Il nostro cuore si è indurito. Occorre dare per vero il dato fondamentale. Qualcuno di noi si è dato la vita da solo, qualcuno ha in se le possibilità per dire ora vivo? Non siamo capaci di faci vivere. Forse io faccio battere il mio cuore? Per ucciderci basta una goccia d’acqua (embolia). Il primo gradino del lavoro è questo. Ricordarsi di questa coscienza. Questa è la fatica che occorre fare. Ricordarsi chi siamo. Occorre ricordare che non siamo noi a darci la vita, ma è qualcun altro. Questa è la seconda domanda fondamentale: chi mi da la vita? Se non ci poniamo questa seconda domanda viviamo come sospesi. E’ come uno che si innamora di una persona, ma non tenta mai di conoscerla. E’ come uno che incontra per strada una ragazza bellissima, e poi non gli dice niente. Se non ci facciamo da soli, qualcosa ci mette adesso in vita, se non è il caso chi è che ci pone? Ora Gesù ha detto io sono la vita, la verità e la VITA. E’ arrivata ad un certo punto della storia una persona che ha avuto la pretesa di dire che è lui che ci da la vita. Cristo per tutta la sua esistenza non ha fatto altro che consumarsi per gli altri fino alla morte. Gesù ha fatto vedere che è Dio nel momento in cui si è staccato dal Padre per incarnarsi. Non è rimasto in se, ma si è consumato per gli altri. E’ nell’uscire da se che si capisce la grandezza. Anche il matrimonio è questo, è l’immagine della Trinità perché c’è un continuo scambio di donazione gratuita. La moglie consuma la vita per il marito e i figli e il marito consuma la vita per la moglie e i figli. Ogni altra mentalità o meccanismo è una schiavitù. Dove non sono libero di dare, non sono libero. Libertà è uscire da se. Nella carità scopriamo la natura di Dio. Occorre allora fare continuamente questa preghiera. Signore facci uscire da noi per andare verso l’altro, per venire verso Te secondo la Tua volontà. Il Natale è fare memoria di Dio che è uscito da se in una maniera cosi eccezionale e drammatica che è venuto in una stalla tra un bue e un asino ed è morto tra due ladri. Cosi come ha fatto Gesù dobbiamo anche noi consumarci per gli altri. L’ultima domanda che non dobbiamo dimenticare è perché? Perché dobbiamo offrire la vita? La risposta a questa domanda la possiamo scoprire solo facendo l’esperienza della carità. Con il Natale possiamo dire Tu a quel qualcuno che ci fa, che continuamente ci chiama a se, che continuamente si consuma per noi. Non ci manca più nulla.
Visione del video “Arriva la luce”
Per stringerci a te ti fai uomo e alla porta di ognuno tu bussi chiedendo di essere accolto per amore, e povero a noi poveri ti offri fratello, senza nulla portare se non il tuo starci vicino. Nei luoghi oscuri, isolati in cui ci teniamo nascosti sei venuto a cercarci. E' una speranza dolce la tua discreta presenza al nostro cuore ferito dalla diffidenza che ci tiene lontani dall’amore degli altri. Perché proprio noi sei venuto a cercare? Noi che siamo diversi, che continuamente sbagliamo, noi che siamo solo un nulla? Sentiamo la vita sfuggirci di mano, senza un senso per esser vissuta. "Coraggio - ci dici - venite a vedere, toccate con mano la vostra speranza: fin d'ora è promesso per voi un vivere nuovo, un amore bambino una luce sul vostro cammino".
PREGHIAMO
Dio fedele, tu risvegli in noi il desiderio di vedere il tuo giorno, converti le nostre inquietudini in una preghiera vigilante e fiduciosa. Venga il tuo giorno e la nostra miseria incontri la tua misericordia, le nostre lacrime saranno allora asciugate dalla tua tenerezza, le nostre ferite fasciate dal tuo amore. Venga il tuo giorno Signore, a rischiarare la nostra lunga notte. Molti non osano più attendere. Non permettere che i deboli e i sofferenti spengano la fiamma della speranza. In questo mondo la nostra vocazione ci sia chiara, faccia di noi quelli che vegliano con gioia nella notte in attesa delle cose che non passano. Per il Signore nostro Gesù Cristo tuo Figlio che è Dio e vive e regna con Te nell’unità dello Spirito Santo per tutti i secoli dei secoli. Amen
Tutti si affannano nel pensare a come allungare la propria vita, Quando semplicemente bisognerebbe pensare a come allargarla. Luciano De Crescenzo
PREGHIERA FINALE Visione del video “Abba Pater”
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VEGLIA DI PREGHIERA PER L’AVVENTO
PREGHIERA INIZIALE
1 In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. 2 Egli era in principio presso Dio 3 tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste. 4 In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; 5 la luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta. 6 Venne un uomo mandato da Dio e il suo nome era Giovanni. 7 Egli venne come testimone per rendere testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. 8 Egli non era la luce, ma doveva render testimonianza alla luce. 9 Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. 10 Egli era nel mondo, e il mondo fu fatto per mezzo di lui, eppure il mondo non lo riconobbe. 11 Venne fra la sua gente, ma i suoi non l’hanno accolto. 12 A quanti però l’hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio a quelli che credono nel suo nome, 13 i quali non da sangue, né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati. 14 E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi vedemmo la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità. 15 Giovanni gli rende testimonianza e grida “Ecco l’uomo di cui io dissi Colui che viene dopo di me mi è passato avanti, perché era prima di me”. 16 Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto e grazia su grazia. 17 Perché la legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo. 18 Dio nessuno l’ha mai visto proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato.
L’AVVENTO
Occorre prendere coscienza, con sincerità, che l’uomo non ha in suo potere la vita. Nessun uomo sceglie volontariamente per la sua vita o la sua morte. Tutto ci viene dato. Siamo totalmente di qualcos’altro o meglio di qualcun altro. Siamo alla mercè dell’onnipotenza del Mistero che fa tutte le cose. Atteggiamento proprio dell’uomo è quindi una attesa. L’attesa infatti è il luogo di chi ha bisogno, di chi aspetta, di chi stende la mano e chiede. Non c’è niente di più vero per l’uomo che accorgersi della sua povertà, del suo non possedere nulla. L’uomo si costituisce nelle scelte, è infinita possibilità di scelta, ma è vero anche che c’è una scelta che nega tutte le altre, cioè la morte. L’uomo dunque non può fare a meno della domanda fondamentale sulla sua vita, cioè la domanda sulla fine. L’avvento è un tempo privilegiato per porsi continuamente la domanda sulla fine proprio perché si fa memoria dell’inizio di tutte le cose, si fa memoria di una nascita. L’inizio è gravido della fine perché solo cosi accende realmente un cammino, altrimenti non è neanche un inizio, è niente. Ora questo inizio si chiama ISTANTE. Al di fuori di questo termine non esiste nulla, solo i nostri risentimenti, i nostri ricordi aridi, infecondi o progetti inconsistenti, solo sogni. Rimane soltanto l’istante perché è nell’istante che siamo, che viviamo, che le cose ci sono per noi. L’istante è come l’avvento perché si attende un compimento che ancora non c’è. La parola più amica dell’istante è avvento. Il sentimento che domina l’istante è l’attesa. Una vita pienamente umana è una vita vissuta nella donazione all’istante, un amore continuo all’istante, un riconoscimento della preziosità dell’istante. O siamo vivi in ogni istante umano o non viviamo pienamente. Parliamo di ogni istante: di noi che con sacrificio torniamo alle lezioni universitarie il lunedì mattina, di noi che con sofferenza lasciamo i figli per andare a lavoro, di noi che ci arrabbiamo, di noi che spesso siamo stanchi, di noi che amiamo un ragazzo o una ragazza fino a rinnegare noi stessi, ciò che siamo, di noi che con fatica ci alziamo al mattino. L’istante è dunque la coscienza della fine o meglio la coscienza DEL FINE, perché la fine è IL FINE. Il frutto della vita è Cristo, perché tutto quello che facciamo ha il solo scopo di realizzare Cristo. Per vivere l’istante occorre accoglierlo, e ascoltarlo. Accogliere una cosa che non è nostra per obbedienza. Nell’istante l’uomo obbedisce a Dio perché abbraccia ciò che attende. Nell’istante l’uomo aderisce a ciò che avverrà. Occorre vivere l’istante con la coscienza del fine che è Cristo. Vivere l’istante è vivere Cristo in ogni momento. L’istante dunque costruisce l’eterno. L’avvento è il periodo migliore per imparare il valore di ogni istante perché sentiamo più forte la vicinanza del fine. Il Signore viene a Natale istante supremo dell’umanità.
NATALE: ACCOGLIENZA E ASCOLTO Lettura brano Marta e Maria Lc 10, 38-42
38 Mentre erano in cammino, entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo accolse nella sua casa. 39 Essa aveva una sorella, di nome Maria, la quale, sedutasi ai piedi di Gesù, ascoltava la sua parola; 40 Marta invece era tutta presa dai molti servizi. Pertanto, fattasi avanti, disse “Signore, non ti curi che mia sorella mi ha lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti”. 41 Ma Gesù le rispose “Marta, Marta, tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose, 42 ma una sola è la cosa di cui c’è bisogno. Maria si è scelta la parte migliore, che non le sarà tolta”.
Dunque non basta accogliere, occorre anche porgere l’attenzione, ascoltare ciò di cui c’è bisogno. Il sapere accogliere e ascoltare è stata la caratteristica essenziale di Giuseppe e Maria. Il tempo di avvento ci deve preparare a questo. Dobbiamo prepararci ad accogliere e saper ascoltare Gesù che viene.
Visione del video “Giuseppe e Maria”
Giuseppe di Nazareth e Maria sono gli uomini giusti, perché totalmente “vivono di fede”. Sono dunque santi, perché la loro fede è veramente eroica. Nonostante tutto la Sacra Scrittura parla pochissimo di loro. Di Giuseppe non si registra nemmeno una parola, mentre poche sono le espressioni di Maria. Dunque possono essere considerati uomini del silenzio e quindi dell‘ascolto. Anche senza molte parole, loro dimostrano la profondità della loro fede, la grandezza del loro spirito perché ascoltano e sono attenti alle parole che Dio rivolge loro. Ascoltano nell’umile silenzio. Il loro cuore persevera incessantemente nella prontezza ad accettare la Verità racchiusa nella parola del Dio vivente per accoglierla e compierla con amore. Noi sappiamo ascoltare la Parola di Dio? Sappiamo fare silenzio per fare spazio alla voce di Dio? Apriamo davanti al Verbo la nostra coscienza oppure ci fermiamo soltanto alla curiosità superficiale? Sappiamo accogliere il disegno di Dio nel profondo dell’anima, con prontezza e umiltà? Come Giuseppe non dobbiamo temere di prendere con noi Maria. Come Maria non dobbiamo temere di aprire il cuore a Gesù che viene. Allora il nostro vivere sarà veramente umano, infatti, solo il Dio Uomo può fare il nostro mondo pienamente umano.
Visione del video “Cosa può cambiare”
Qualcuno è venuto da noi per dirci che valiamo. Parliamo di un fatto eccezionale che se ci toccasse almeno per una volta, tutta la nostra vita cambierebbe. La perdita della speranza e la mancanza d’amore è una condizione che ci tocca spesso, che tocca la realtà umana. A salvarci da questa condizione arriva il Natale. Occorre ripulire il Natale dai molti addobbi sentimentali. Dobbiamo chiarirci cos’è il Natale. In fondo è la medicina per cui noi da uomini che hanno perduto la speranza di vita, che non significa desiderio di suicidio, ma uomini che vivono giornate tutte uguali, noiose, tediose, pesanti. Questa è la morte. Quando non chiediamo alla vita più niente e questo ci succede spesso. Se siamo leali e sinceri con noi stessi riconosciamo che questo ci succede. Il Natale viene per ribaltare questo giudizio. L’incontro con Gesù fa scoprire all’uomo che ha un cuore. Incontrare Gesù Cristo significa scoprire che abbiamo delle esigenze, delle aspirazioni, noi siamo fatti per il tutto, per l’infinito. La nostra natura è questa e dobbiamo prenderne coscienza. L’esperienza della carità ci risveglia a questo. Nel dare che si riceve la felicità. Il problema è che noi abbiamo paura ad uscire da noi stessi. Siamo disposti a subire l’esperienza bruciante di un rifiuto? Siamo disposti a dire si anche senza capirne totalmente il senso? Ogni volta dunque siamo chiamati a dire si o no. Ora nell’esperienza del si ci è dato subito un di più senza averlo chiesto. E’ più grande e vero dire si. La vita è bella quando è consumata. Paul Claudel: “Ma forse che il fine della vita è vivere? No il fine della vita è morire e dare la vita con gioia“. Morire non significa suicidarsi, ma consumarsi per. Ora questo è un paradosso perché consumarsi è sacrificio. Essere felice significa starci sempre e comunque.
La nostra vita è fatta per questo, per essere consumata, spesa per gli altri. Il rischio altrimenti è fare della nostra vita un museo impolverato. La mentalità odierna ci ha abituati a vivere in tutt’altra maniera. Il nostro cuore si è indurito. Occorre dare per vero il dato fondamentale. Qualcuno di noi si è dato la vita da solo, qualcuno ha in se le possibilità per dire ora vivo? Non siamo capaci di faci vivere. Forse io faccio battere il mio cuore? Per ucciderci basta una goccia d’acqua (embolia). Il primo gradino del lavoro è questo. Ricordarsi di questa coscienza. Questa è la fatica che occorre fare. Ricordarsi chi siamo. Occorre ricordare che non siamo noi a darci la vita, ma è qualcun altro. Questa è la seconda domanda fondamentale: chi mi da la vita? Se non ci poniamo questa seconda domanda viviamo come sospesi. E’ come uno che si innamora di una persona, ma non tenta mai di conoscerla. E’ come uno che incontra per strada una ragazza bellissima, e poi non gli dice niente. Se non ci facciamo da soli, qualcosa ci mette adesso in vita, se non è il caso chi è che ci pone? Ora Gesù ha detto io sono la vita, la verità e la VITA. E’ arrivata ad un certo punto della storia una persona che ha avuto la pretesa di dire che è lui che ci da la vita. Cristo per tutta la sua esistenza non ha fatto altro che consumarsi per gli altri fino alla morte. Gesù ha fatto vedere che è Dio nel momento in cui si è staccato dal Padre per incarnarsi. Non è rimasto in se, ma si è consumato per gli altri. E’ nell’uscire da se che si capisce la grandezza. Anche il matrimonio è questo, è l’immagine della Trinità perché c’è un continuo scambio di donazione gratuita. La moglie consuma la vita per il marito e i figli e il marito consuma la vita per la moglie e i figli. Ogni altra mentalità o meccanismo è una schiavitù. Dove non sono libero di dare, non sono libero. Libertà è uscire da se. Nella carità scopriamo la natura di Dio. Occorre allora fare continuamente questa preghiera. Signore facci uscire da noi per andare verso l’altro, per venire verso Te secondo la Tua volontà. Il Natale è fare memoria di Dio che è uscito da se in una maniera cosi eccezionale e drammatica che è venuto in una stalla tra un bue e un asino ed è morto tra due ladri. Cosi come ha fatto Gesù dobbiamo anche noi consumarci per gli altri. L’ultima domanda che non dobbiamo dimenticare è perché? Perché dobbiamo offrire la vita? La risposta a questa domanda la possiamo scoprire solo facendo l’esperienza della carità. Con il Natale possiamo dire Tu a quel qualcuno che ci fa, che continuamente ci chiama a se, che continuamente si consuma per noi. Non ci manca più nulla.
Visione del video “Arriva la luce”
Per stringerci a te ti fai uomo e alla porta di ognuno tu bussi chiedendo di essere accolto per amore, e povero a noi poveri ti offri fratello, senza nulla portare se non il tuo starci vicino. Nei luoghi oscuri, isolati in cui ci teniamo nascosti sei venuto a cercarci. E' una speranza dolce la tua discreta presenza al nostro cuore ferito dalla diffidenza che ci tiene lontani dall’amore degli altri. Perché proprio noi sei venuto a cercare? Noi che siamo diversi, che continuamente sbagliamo, noi che siamo solo un nulla? Sentiamo la vita sfuggirci di mano, senza un senso per esser vissuta. "Coraggio - ci dici - venite a vedere, toccate con mano la vostra speranza: fin d'ora è promesso per voi un vivere nuovo, un amore bambino una luce sul vostro cammino".
PREGHIAMO
Dio fedele, tu risvegli in noi il desiderio di vedere il tuo giorno, converti le nostre inquietudini in una preghiera vigilante e fiduciosa. Venga il tuo giorno e la nostra miseria incontri la tua misericordia, le nostre lacrime saranno allora asciugate dalla tua tenerezza, le nostre ferite fasciate dal tuo amore. Venga il tuo giorno Signore, a rischiarare la nostra lunga notte. Molti non osano più attendere. Non permettere che i deboli e i sofferenti spengano la fiamma della speranza. In questo mondo la nostra vocazione ci sia chiara, faccia di noi quelli che vegliano con gioia nella notte in attesa delle cose che non passano. Per il Signore nostro Gesù Cristo tuo Figlio che è Dio e vive e regna con Te nell’unità dello Spirito Santo per tutti i secoli dei secoli. Amen
Tutti si affannano nel pensare a come allungare la propria vita, Quando semplicemente bisognerebbe pensare a come allargarla. Luciano De Crescenzo
PREGHIERA FINALE Visione del video “Abba Pater”
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